Nuova crisi dei subprime?

Un’altra attenta analisi dal sito di Wall Street Italia: http://www.wallstreetitalia.com/soros-contagio-cina-mi-ricorda-crisi-del-2008/

NEW YORK (WSI) – Il pericolo di contagio scatenato dalla crisi valutaria cinese ricorda da vicino quello della crisi dei mutui subprime del 2008. A pensarlo è il guru degli investimenti George Soros, noto speculatore nei mercati valutari, che con le mosse del suo fondo Quantum ormai più di 23 anni fa ha contribuito a portare la lira e l’economia italiana sull’orlo del precipizio.

Gli investitori devono stare molto attenti, i mercati mondiali stanno attraversando un momento di crisi pericoloso, ha avvertito il miliardario investitore durante un forum economico in Sri Lanka.

Dopo anni di grandi incrementi del Pil, la Cina non riesce a trovare un nuovo modello di crescita sostenibile e le sue svalutazioni massicce dello yuan stanno contagiando il resto del mondo, ha sottolineato Soros dalla capitale dello Sri Lanka, Colombo.

Un rialzo del costo del denaro negli Stati Uniti con il conseguente rafforzamento del dollaro e stretta creditizia metterà da quest’anno la parola fine all’era dei tassi zero. Questo, secondo Soros e non solo lui, rappresenta una sfida insormontabile per le economie in via di Sviluppo. Il rischio è che si scateni una crisi globale come quella di otto anni fa.

La Cina ha un grave problema, non riesce ad adattarsi alla nuova realtà. “Possiamo dire con una certa sicurezza che si tratta di una crisi. Quando si dà un’occhiata ai mercati finanziari, si notano serie difficoltà, che mi ricordano la crisi che abbiamo avuto nel 2008“.

Dopo che le autorità di Pechino hanno effettuato una nuova svalutazione dello yuan, dimostrando di aver completamente perso la Trebisonda, i mercati cinesi – che normalmente aprono alle 9.30 locali e chiudono alle 15 con una pausa di un’ora e mezzo – hanno chiuso dopo soli 29 minuti di scambi. Già dopo appena 870 secondi le contrattazioni sono state sospese. La Borsa di Shanghai ha accusato un calo del 7,3% e l’indice Shenzen dell’8,3%.

Trento, Festival dell'Economia 2012Se la Cina non troverà un modo per risollevarsi e evitare un ‘hard landing‘ della seconda economia al mondo, il futuro per le economie mondiali, le cui stime di crescita sono state di recente riviste al ribasso dalla Banca Mondale per i prossimi due anni, si profila a tinte decisamente fosche.

Indici e terrore

Stamane le televisioni – senza distinzione di quartiere – indicavano il connubio delle nette perdite di tutti gli indici più importanti con l’emergere della crisi diplomatica (e umanitaria) tra il cuore del mondo sciita e quello sunnita. Arabia Saudita e Iran. Ecco un articolo di Daniele Chicca da Wall Street Italia:

Emad Hajjaj cartoon

Emad Hajjaj cartoon

MILANO (WSI) – Dopo un’avanzata del +13% nel 2015, la Borsa di Milano non riesce ad allungare i rialzi e resistere all’ondata ribassista proveniente dall’Asia. Il Ftse MIB ha chiuso in calo del 3,2% a 20.733,81 punti. L’azionario cinese ha visto una chiusura anticipata per via di una grave perdita del 7%. In seguito l’azionario giapponese ha archiviato la prima sessione dell’anno in calo del 3,1%.

Dietro al crollo delle borse asiatiche c’è il crescente timore di un rallentamento della seconda economia al mondo. L’indice Caixin/Markit Pmi del mese di dicembre è sceso a 48,2 punti dai 48,6 di novembre. Si tratta del quinto mese di flessione consecutivo per l’attività manifatturiera in Cina. Inoltre gli investitori sono preoccupati per la prossima abolizione del divieto di vendite allo scoperto sui mercati e di cessione di partecipazioni azionarie per i grandi azionisti.

A Piazza Affari osservate speciali sono sempre le banche e il titolo Ferrari, all’esordio nell’indice italiano. Secondo quanto mostrato da un tender inviato alle società del credito d’Europa, l’autorità di regolamentazione dell’Unione Europea ha da parte il budget necessario per salvare dal fallimento dieci banche al massimo nei prossimi quattro anni.

Tra gli altri mercati petrolio in rialzo anche del 3% a un certo punto, sulla scia delle montanti tensioni geopolitiche in Medioriente, dove si sono interrotte le relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran dopo che i primi hanno giustiziato un imam sciita accusato di terrorismo.

2015: anno peggiore per la finanza?

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da procurementprofessionals.org

Non si sospettava un anno così ricco di crisi sino alle analisi degli economisti. Crisi che hanno costretto la UE a piegarsi davanti alle emergenze dell’attualità. Non tutte queste sono provenienti dal mondo finanziario. Ma andiamo per ordine.

L’anno si è inaugurato con la crisi greca. Mai un paese membro dell’area euro è stato così vicino al’uscita dall’area. Grexit, in questo caso. Il popolo ellenico si è espresso tramite referendum in merito al piano della troika. Piano bocciato dai votanti. Il patto di Tsipras ha condotto all’umiliazione per il popolo greco, nonostante l’assenza di migliori alternative. Debiti alle stelle per questa popolazione.

È andata solo leggermente meglio nel caso delle trattative tra UE e UK. Con l’obbiettivo di trovare una serie di nuove concessioni per il sistema inglese in vista del referendum del 2017 – referendum dall’esito sempre più scontato – con il quale il Regno Unito sceglierà se rimanere nell’Unione Europea o meno. La cosiddetta Brexit. È proprio la qualità e la quantità delle concessioni che Cameron riuscirà a strappare a Bruxelles che la determinerà. Si possono solo immaginare quali saranno le ripercussioni sull’economia continentale.

Vicino oriente e area slava non esitano ad aggiungere la cronaca agli accordi economici internazionali. Intanto, i flussi migratori possono avere ripercussioni non solo per l’immediato impatto sulle risorse delle comunità europee locali ma anche sulle leadership nazionali. Angela Merkel gioca la propria sulla capacità di gestire gli afflussi di migranti. E problema non meno grave è quello rappresentato dallo Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS), che causa parte di questi flussi. La spesa militare in Siria comincia ad ingrossare il peso del proprio capitolo nel bilancio dei paesi della comunità. Senza contare per quello a cui stamane, ad Agorà, inneggiava Salvini. Quello per la pubblica sicurezza.

Le più recenti ripercussioni sul trade internazionale secondo il Sole 24 ore: «La nuova correzione del petrolio fiacca i tentativi di rilancio dei listini europei, che dimostrano di aver smarrito la bussola in questo finale d’anno e chiudono in deciso rosso la prima seduta settimanale. Dopo una mattinata a tratti vivace sui listini, le vendite sugli energetici, innescate dal -1% del Wti a 35,68 dollari al barile e dal -1,5% del Brent a 36,3 dollari, e la perdita di forza di Wall Street (piatto il Dow Jones) hanno esaurito i guadagni.»

Options Borsa Affari e Wall Street

Focus sulla pubblicazione del dato relativo al Pil Usa relativo al terzo trimestre del 2015. L’indicatore è stato rivisto al ribasso dal +2,1% inizialmente reso noto al +2%, comunque meglio delle attese (+1,9%). Le spese per consumi rimangono solide, ma rallentano gli investimenti delle aziende della Corporate Usa, costrette a fare i conti con l’apprezzamento del dollaro e dunque con l’indebolimento delle esportazioni. La buona notizia è che la Federal Reserve dovrà astenersi dal rialzare i tassi di interesse Usa a un ritmo troppo rapido, visto che gli Usa continuano a crescere al ritmo più lento dai tempi della Grande Depressione. Wall Street positiva, ma rimane debole.

Segnale preoccupante dal mercato delle opzioni. Per la prima volta in assoluto, i trader dello S&P 100 detengono più di 3 contratti di opzioni put per ogni call posseduta. Ed è ancora una volta il mercato immobiliare degli Stati Uniti a far preoccupare, con le vendite di case esistenti che hanno sofferto un crollo -10,5%, che decreta il peggior novembre di sempre per il settore. Fantasmi non antichi.

L’Europa guarda anche al caos Spagna, dopo le elezioni storiche del weekend che rendono difficile al momento la formazione in tempi brevi di un governo di coalizione. La Banca di Spagna rimane tuttavia ottimista sull’economia iberica e stima un aumento del Pil, nel quarto trimestre, a un tasso dello 0,8%, rivedendo al rialzo l’outlook per l’intero 2015 dal +3,1% al +3,2%. Per il 2016 prevista una crescita del 2,8%, superiore al +2,7% delle previsioni precedenti.
Sul valutario, l’euro si rafforza oltre quota $1,09, attorno a $1,0970, mentre il dollaro cede sullo yen sotto la soglia di JPY 121.
Focus sull’alert che arriva dal FMI: oro in calo sotto $1.080.

Le quotazioni del petrolio rimangono osservate speciali, dopo il crollo del Brent ai minimi degli ultimi 11 anni. Ma c’è qualcuno che ritiene che i prezzi siano ormai vicini a toccare il fondo. Così Kathy Lien, managing director per la divisione di strategia sul mercato dei cambi presso BK Asset Management.
“La prospettiva di un dollaro forte, di una crescita globale che rimarrà debole e di prezzi delle commodities in calo nella prima metà dell’anno (2016) implica che gli utili aziendali e l’azionario potrebbero soffrire. Prevediamo una correzione dell’azionario all’inizio del 2016. Ricapitolando: “la forza del dollaro, la debolezza della domanda a livello globale e l’elevato livello delle scorte hanno provocato il collasso dei prezzi petroliferi quest’anno. Tuttavia, sebbene i prezzi potrebbero scendere ancora nel breve termine, sulla scia della decisione Usa di porre fine al divieto – durato 40 anni – sulle esportazioni di petrolio e anche a causa dell’eliminazione delle sanzioni contro l’Iran, il fondo sarà toccato quando il dollaro testerà il suo massimo”. Dunque “i prezzi del petrolio potranno scendere anche sotto $30 al barile, ma non intravediamo ulteriori ribassi ed entro la fine dell’anno riteniamo che le quotazioni potrebbero riavvicinarsi a $40 al barile”.

Mercati asiatici prevalentemente positivi. Stona la performance della borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei in calo -0,16%.