Obama a Cuba

Mentre noi siamo abituati ai tweet di polemica, da oltre oceano ci è arrivato il cinguettio riguardo la visita di Barack Obama a Raul Castro. Tra un mese, il presidente degli Stati Uniti si recherà nella capitale Cubana per “sollevare direttamente” le differenze tra i due paesi.

Non mi sento di biasimare le critiche dei Repubblicani che gli hanno rimproverato di voler visitare uno stato dittatoriale. Si perché una nazione famosa per essere in rivoluzione permanente sarà in tale status sino alla morte di Fidel Castro. E, ciliegina sulla torta, il suo successore designato – e già reggente – è suo fratello.

Certo, Cuba è un paese che ha subito profonde e radicali trasformazioni e aperture, specie verso e grazie la Chiesa Cattolica, i papi e i patriarchi ortodossi. Ricordiamo i recenti incontri tra Papa Francesco e il patriarca Kirill di Mosca proprio a Cuba. Come per il Nobel per la pace per gli impegni presi con il popolo afghano, anche ora mi sento distante dal presidente Obama su alcune considerazioni importanti.

Appianare tutte le differenze con Cuba non è un impegno che può mantenere. Popolo americano e popolo cubano provengono da due culture differenti. Mondi differenti. Modi differenti di intendere i diritti. Probabilmente sarò più morbido dei conservatori americani, ma è vero che certe promesse potrebbero tranquillamente essere evitate.

Tuttavia, questo dialogo mi rallegra. Siamo sicuramente distanti dagli scenari del passato. E, con orgoglio, mi sento di dire grazie ai nostri papi. E poi ricorderei la provenienza di Ted Cruz e di Marco Rubio. Cubana in ambo i casi. Provenienza, si. Perché il comando di Fidel sulla sua isola caraibica ha sempre generato moltissimi profughi.

da pbs.org

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