EURO SI, EURO NO. PARLIAMO DI MARGARET THATCHER

thatcherQuesta settimana vorrei parlare, e non sono certamente il primo, di due pensieri contrapposti sull’euro agli albori della sua nascita. Comincio da quello che a mio giudizio ritengo più autorevole e cioè al pensiero di una personalità che si schierò contro l’Euro e cioè Margaret Thatcher. Nel corso della settimana parlerò di cosa ne pensava e cosa ne pensa oggi, il meno autorevole nostrano Romano Prodi.

Margaret Thatcher sentenziò senza mezzi termini: “l’euro è un pericolo per la democrazia, sarà fatale per i paesi poveri. Devasterà le loro economie” Mentre Romano Prodi sosteneva. “con l’euro lavoreremo un giorno in meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più” (ma questa idea sarà da me affrontata in un prossimo articolo).

Va ricordato che nel Regno Unito la Thatcher, la Lady di ferro, adottò provvedimenti per la lotta all’inflazione, con forti aumenti dei tassi di interesse, la riduzione della spesa pubblica, con forti tagli alla spesa sociale, la riduzione delle tasse, le privatizzazioni anzidette, le liberalizzazioni.

Ma questo drastico e forte metodo per l’economia, noto come “thatcherismo”, rilanciò il pil, l’occupazione, ridusse l’inflazione e fu cosi che il regno Unito riuscì a non essere travolto dalla crisi che invece travolse i paesi in zona euro.

Dunque la Thatcher si rifiutò di aderire all’unione monetaria e di cedere quote di sovranità a Bruxelles.

Ella definì l’euro “un pericolo per la democrazia”, non aveva alcuna intenzione di equiparare la democrazia, legata sempre e comunque a l’economia, di Londra con ad esempio Atene.

Dovette per questo affrontare lotte interne al suo partito che la portarono alle dimissioni nel novembre del 1990, dopo 11 anni e mezzo di primo ministro, che addirittura la fecero piangere.

Attacchi speculativi contro la sterlina fecero pensare subito a un grande errore della Thatcher, tanto che la popolazione britannica si tormentava di aver sostenuto in qualche modo l’idea thatcheriana.

Oggi però, la scelta della lady di ferro sembra essere invece rivalutata in positivo. Tanto e vero che anche se l’economia inglese non stia vivendo un periodo di rose e fiori, è stata però tenuta fuori dall’Area Euro e dalle sue disavventure e ciò proprio grazie a Margaret Thatcher e successivamente grazie al successore John Major, che fu suo ministro dell’Economia.

Quindi ricordiamo che Margaret Thatcher La Lady di Ferro non vedeva di buon occhio l’unione politica e burocratica di paesi completamenti diversi in metodi di vivere e cultura, ma credeva nel libero mercato, e di questo ne aveva alimentato le possibilità interne ed esterne al suo Paese.

Con Ronald Reagan aveva progettato e auspicato all’attuazione della globalizzazione economica e finanziaria, quale antidoto allo statalismo e alla sua inefficienza.

Cosa dire? “Ai posteri l’ardua sentenza!”

Io dico che aveva ragione, forse era meglio parlare di un euro come moneta virtuale di scambio, lasciando la sovranità monetaria e valutaria ad ogni stato europeo, ma siccome oggi, bando alle chiacchiere e alla propaganda, non si può uscire dall’euro, bisognerà lavorare per un sistema di sovranità monetaria, di economia globalizzata europea, tenendo conto della realtà in cui vive ogni Paese aderente.

Arturo Di Mascio

http://www.arturodimascio.it

 

WELFARE E SVILUPPO SECONDO ARTURO DI MASCIO

foto (27)Non so se è stato notato, e se non lo fosse stato, desidero sottolineare che fino a questo punto si parla sempre, ma sempre e soltanto di risparmi del deficit corrente, di tanti posti di lavoro e di incremento del PIL. L’esperienza ci ha però insegnato che i piani che rasentano il BEP (punto di equilibrio) si risolvono poi in risultati passivi e che quindi bisogna coniugare più interventi per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo.

E qui arriva il punto di richiedere di smetterla con politiche monetaristiche che non fanno che deprimere il Paese, e allontanare la possibilità di un lavoro per i giovani.

 

Per dare lavoro vero, e non mezzi lavori, stages, contratti di formazione e lavoro, etc, ci deve essere sviluppo.

Sviluppo significa creare le condizioni per lo sviluppo che crea poi lavoro.

 

Senza sviluppo non si paga la pensione a nessuno.

Mille che lavorano non potranno mai pagare la pensione a 10.000.

 

Ci vuole sviluppo: il nostro piano vuole creare milioni di posto di lavoro, ma poiché conosciamo il ns. Paese, ben difficilmente il ns. piano che non è supportato da nessuna grande forza politica sarà apprezzato e fatto proprio da qualcuno.

 

Suggerisco allora, che si faccia un decreto “ROTTAMAZIONE” per alcune regioni italiane.

Non voglio rottamare nulla, solo voglio applicare con diligenza alcuni benefici di tassazione ove la situazione lavoro è più grave, ma solo per far guadagnare di più all’Erario. Esattamente come si è verificato per il decreto sulla rottamazione, criticato prima come un regalo alla Fiat e rivelatosi poi come un apportatore di imposte poi (+ 477 miliardi di lire in 5 mesi). Ci vogliono scelte coraggiose e fuori dalla tradizione.

 

In alcune regioni italiane la situazione lavoro è gravissima, ed in più in queste regioni il prodotto interno per abitante è di gran  lunga inferiore alla media nazionale.

Ho considerato di poter riequilibrare la situazione in sette anni. Come?

Con un altro decreto legge:

 

Art. 1  A decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, alle regioni in cui il Prodotto interno lordo per abitante risulti inferiore del 30% alla media delle 10 regioni con il più alto PIL per abitante, verranno attribuiti i seguenti benefici.

 

A= Ad ogni nuova impresa costituita con qualsivoglia forma societaria che rientri nell’elenco di cui sopra che verrà pubblicato ogni anno a cura della Presidenza del Consiglio, si applicherà un’imposta totale omnicomprensiva sulle persone giuridiche nell’aliquota unica del 27,5%.

B= Gli stipendi ed i salari degli assunti di queste nuove imprese verranno assoggettati ad un’aliquota previdenziale complessiva del 15%, di cui il 12,5% a carico del datore di lavoro ed il 2,5% a carico del lavoratore.

 

Art.2   A tutte le imprese già esistenti sul territorio nazionale alla data di questo decreto, indipendentemente dalla localizzazione geografica, in sede di bilancio annuale potranno considerare in detrazione d’imposta le percentuali calcolate come segue:

Per nuove assunzioni comprese fino al 5% del personale occupato calcolato alla data del 31.12.14 rispetto a quella del 31.12.2013, abbattimento di un punto nel calcolo delle imposte dovute.

Per le nuove assunzioni comprese tra il 5 e il 10%, sconto di due punti.

Tra il 10% e il 12,5%, sconto di tre punti.

Tra il 12,5% ed il 15%, sconto di 4 punti

Tra il 15% ed il 17,5%, sconto di 5 punti. Tra il 17,5% ed il 20.00%: sei punti.

Oltre il 20,00% sconto di 7 punti.

Per esemplificare: un’impresa che avesse avuto alla dichiarazione annuale dei redditi, una forza lavoro complessiva di 65 unità, ove incrementi nel corso dell’anno successivo questo numero di altri 18 lavoratori, registrerebbe un incremento di organico pari al 27,69% ed avrebbe diritto ad applicare una riduzione di 7 punti dalle normali aliquote IRPEG.

Per nuove assunzioni si intendono quelle riferentesi a lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle categorie normali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi con esclusione dei rapporti di formazione o di stage.

 

Quale Cassandra potrebbe affermare che l’Erario ci rimetterebbe?

Una aliquota unica bassa  sta facendo la fortuna di una serie di Paesi, (Regno Unito 19%, Repubblica di San Marino 17%, Svizzera 24%,  che intelligentemente hanno capito che il  51% di zero è sempre zero, mentre, come nella ns. proposta, il 27,5% di qualcosa è sempre qualcosa.. La stessa Germania sta guardando con interesse la flat tax.

C’era un Partner europeo, l’Irlanda, che partita in condizioni peggiori dell’Italia, ha oggi quasi tutti i conti in ordine ed è divenuta in più la capitale europea dell’high tech. Grazie a che cosa? Ad una tassazione  media sui profitti del 12%.

C’è un concetto, quello del villaggio globale, che sfugge ai nostri “ragionieri” del fisco ed è sfuggito alla sinistra e ai sindacati. Lo slogan lavorare meno per lavorare tutti nella attuale realtà italiana può essere tradotto: lavorare meno per non lavorare più.

 

Noi non dobbiamo piangere per i conti dell’INPS! Dobbiamo piangere perché non c’è lavoro per i ns. figli e non c’è lavoro per i nostri figli perché la Repubblica spreme il lavoratore dipendente come un limone. Spremi oggi, spremi domani, chi può se ne va in pensione MA chi resta a lavorare per pagare la pensione a quelli i cui contributi versati sono stati bruciati dalla cassa integrazione, dai pensionamenti anticipati, dai coltivatori diretti?

 

DOBBIAMO capire che non serve avere un costo del lavoro più alto che a Montecarlo? DOBBIAMO capire che tutti i ns. industriali che vogliano continuare a stare sul mercato, dovranno per costrizione portare le loro lavorazioni all’estero!

E così le evasioni ci saranno sempre, evasioni di tecnologie nostre,evasioni di nostri prodotti, evasioni di personale evasioni di miliardi di euro nascosti in Italia e miliardi portati all’estero; non sarà certo uno scudo fiscale a risolvere un problema, non può una goccia d’acqua pulita sanare un mare inquinato….pochi in paragone entreranno e tanti se ne spenderanno in attività giudiziarie, di polizia, controllo, accertamenti, lotta alla prevenzione, casi con il fisco spesso portati in aule di tribunali, ect ect

 

Ed allora portiamogli l’estero in casa:

1 per chi è tradizionale e mi riferisco alle PMI (piccole medie imprese) facciamo installare le loro nuove aziende nelle zone ove il PIL procapite è più basso, e facciamo pagare ai nuovi assunti un’aliquota molto bassa;

2 per chi è industriale italiano e per qualsiasi azienda ESTERA, creiamo una ZONA FRANCA

 

Arturo Di Mascio

 

LE GUERRE VANNO FERMATE. SONO FOLLIA PURA.

guerraATTUALITA’: LE GUERRE VANNO FERMATE. SONO FOLLIA PURA (di Arturo Di Mascio) di Redazione il 19 luglio 2014.

E’ passato poco o più di un mese da quando Papa Francesco invitò in Vaticano i capi di stato dei due Paesi che sono in guerra, si può dire da sempre. Shimon Peres, allora ancora presidente d’Israele arrivò per primo in Vaticano, e poi arrivò Abu Mazem, presidente della Palestina, ed e entrambi sembravano davvero felici di questa splendida iniziativa del Papa. Un incontro storico che mise speranza nei cuori di tutti i cittadini del mondo che vogliono la pace. La speranza che forse era stato gettato il seme di un dialogo nuovo per chiudere un capitolo doloroso per l’umanità intera. Ma anche se fu piantato un nuovo ulivo dai convenuti all’incontro storico, la pace è ancora lontana, anzi si inaspriscono sempre più i venti di guerra. Ma Papa Francesco, non vuole arrendersi, «ha telefonato personalmente» all’ex presidente israeliano Shimon Peres e al leader palestinese Abu Mazen, insistendo che bisogna fermare il conflitto poiché in un clima di crescente ostilità, odio e sofferenza per i due popoli, si stanno avendo numerosissime vittime e dando luogo ad una situazione di grave emergenza umanitaria». Il Papa, ha voluto esternare il suo dolore anche sottolineando come a causa dei bombardamenti, le popolazioni vivono nel terrore e i bambini piangono. Cosi come dal fronte ucraino, Papa Francesco “ha appreso con costernazione la notizia della sciagura dell’aereo della Malaysian Airlines nella regione orientale dell’Ucraina, segnata da forti tensioni”, si legge nel comunicato. Il Pontefice “eleva la sua preghiera per le numerose vittime dell’incidente e per i loro familiari, rinnovando alle parti in conflitto l’accorato appello per la pace e per un impegno a trovare soluzioni di dialogo, al fine di evitare ulteriori perdite di vite umane innocenti”. E cosi via per tutte le altre guerre tra stati e interne che stanno infuocando il mondo intero. Ho fatto una mia personale riflessione e ho capito che è evidente a tutti che il crollo del muro di Berlino e la fine dei blocchi contrapposti non ha significato per nulla la pacificazione generale del mondo terrestre. L’ansia spasmodica per il controllo delle materie prime molto spesso nascosto dietro motivi religiosi, e comunque anche per motivi religiosi, mi fa pensare che bisogna fare davvero ancora molta strada per sperare di dare al mondo la speranza di vivere in pace e prosperità. Come ho già detto in un mio precedente scritto contro la fame e la povertà, ci vorrebbe la necessità di pensare a una più equa distribuzione delle ricchezze, e lo riconfermo. Cosi come per le ambizioni religiose, come ad esempio l’islam integralista che pensa a un grande Califfato che prenda Siria e Iraq, per poi conquistare il mondo seminando morte e terrore. Follia pura. Nessun Dio avrebbe mai sostenuto questo. Ora però è necessario che si attivino seriamente le strade della politica e si mettano in atto tutti gli strumenti che ci sono per far si che la gestione della situazione non debba essere affidata alla violenza e alla logica del più forte, a prescindere dalle ragioni e delle aree in conflitto. In primo luogo tocca alla UE e all’ONU, che facesse la sua parte in fretta e senza troppi giri di inutili parole. Prenda di petto la situazione e fermi queste tragedie che portano solo orrore di morti distruzioni, vendette e contro vendette. La guerra, dopo l’ultimo conflitto mondiale è stata formalmente vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e “ripudiata” da molte costituzioni nazionali (compresa quella italiana) e questo molto spesso viene dimenticato e si danno motivazioni spesso infondate, per giustificare la necessità di un intervento militare con espressioni tipo “guerra giusta”, “umanitaria”, per “legittima difesa” o “preventiva”. Le guerre non sono mai giuste, e non ci sono vincitori e vinti, ma sono tutti sconfitti. DICIAMO NO ALLA GUERRA E BASTA! Bisogna lavorare e in fretta, anzi subito, anzi ieri, per una Pace stabile e impegnarsi per aggredire le cause sociali di sfruttamento, miseria e disuguaglianze internazionali in modo che la giustizia sociale trionfi. Qualcuno ha scritto: “Noi non siamo quelli che sognano (dormendo) un mondo senza conflitti”. Io invece lo sogno, e lo voglio sperare ancora. Papa Francesco in una delle sue prime uscite disse: “Non lasciatevi rubare la speranza”.

Arturo Di Mascio

La tutela del risparmio nell’ottica della Costituzione

images“La tutela del risparmio nell’ottica della Costituzione, ovvero come migliorare il sistema Azienda Italia”. (di Arturo Di Mascio) Immaginiamo di essere gli amministratori delegati dell’azienda Italia. Dobbiamo tenere presente che non possiamo venderla, né liquidarla né farla fallire: dobbiamo rilanciare la Società, possibilmente senza interventi cruenti. Non come si è fatto con l’Alitalia. Abbiamo ipotizzato l’Italia da un punto di vista econometrico, come se si trattasse della Conglomerata ITALIA SpA. Ne abbiamo esaminato i bilanci, e soprattutto ne abbiamo considerato i punti forti ed i punti deboli. Abbiamo provato a considerare i requisiti per l’ammissione alla moneta unica come fossero i requisiti per l’ammissione in borsa della ns. Società e abbiamo ipotizzato la nostra manovra. Chi ha fatto parte di una squadra impegnata in un business game, sa esattamente quello che intendiamo e che abbiamo messo nel campo. Quali i nostri obiettivi per l’ammissione in Borsa/o se volete per restare nel club dei Paesi di Maastricht infischiandosene dei giudizi del Financial Time, un giornalaccio che parla con superficialità di cose orecchiate? –Portare i debiti globali al 60% del ns. fatturato (il P.I.L. che cosa è se non il prodotto dell’azienda Italia?) -Azzerare il deficit corrente o tenerlo sotto il 3% del fatturato -Cercare di non aumentare i prezzi oltre la media degli altri concorrenti attualmente circa il 3% -Avere una condotta particolarmente meritevole di modo da ottenere dalle nostre Banche tassi in media con quelli in vigore nelle altre Aziende/Stati operanti sul mercato europeo La prima impostazione che abbiamo ipotizzato, in considerazione del fine propostoci di non fare manovre cruente, è che i nostri obiettivi non erano degli obiettivi assoluti, ma dei rapporti. Ora in un rapporto c’è un numeratore e un denominatore. Quando parliamo dell’obiettivo di tenere i debiti totali entro il limite del 60% del fatturato PIL, se abbiamo 70 su un fatturato di 100 abbiamo un risultato del 70%, ma se il fatturato fosse di 120, il nostro debito sarebbe contenuto al 58,33%. Molti economisti  snocciolando  le cifre della situazione di periodo sentenziano come prima cosa che bisogna ridurre i costi e quindi cercare dove si potesse tagliare, magari a partire dal personale e/o dai turnover. Ma perché non pensare di incrementare il fatturato? Che dicono le vendite? La rete vendita è completa? Tutte le regioni danno il loro margine di contribuzione? Non possiamo intervenire su quelle più lente? ….ritornando al nostro Paese, il giochino di anticipare le entrate e posticipare le spese non è che sia il massimo delle manovre di bilancio. Quello che anticipo a quest’anno mi mancherà poi l’anno prossimo e quello che posticipo l’anno prossimo, mi provocherà un appesantimento dei conti in quell’anno. Poiché l’essere entrati nella moneta unica e poi non rispettarne i parametri porta a sanzioni economiche gravissime.   Il leasing dei beni pubblici  Si è ipotizzato di mettere a leasing tutti beni d’investimento che la Repubblica realizza in un anno. Si tratta di una cifra di oltre 50 miliardi di euro che ove i beni fossero acquisiti in locazione finanziaria con contratto quinquennale per i beni mobili ad alto ammortamento ed in locazione decennale per tutti gli altri porterebbero ad un risparmio di oltre 40 miliardi.   Il criterio di esporre in bilancio solo i canoni maturati nel periodo di bilancio è accettato da EUROSTAT e non potrebbe essere che così, visto che fino al riscatto i beni sono di proprietà delle società locatrici.   Ci siamo preoccupati, in considerazione che per spuntare queste cifre di risparmio il tutto non può essere lasciato alle iniziative dei singoli enti, di ipotizzare una struttura agile che alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, realizzi le opportune sinergie tra imprese locatrici e i vari enti destinatari dei beni stessi.   Riteniamo che l’articolato realizzi con grande concretezza grandi risparmi ma anche una velocità di investimento in grado di accrescere il nostro PIL e quindi di creare in definitiva posti di lavoro.   Eccone il testo che propongo:     DECRETO LEGGE     Art 1) A decorrere dalla pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale gli investimenti del settore pubblico (Stato, regioni, provincie, comuni, enti di proprietà degli stessi o comunque a maggioranza pubblica) per l’acquisto di beni mobili ed immobili suscettibili di utilizzazione separata dovranno essere finanziati mediante il ricorso alla locazione finanziaria.   Art 2) Gli Enti di cui all’art. 1 non potranno fare ricorso a fondi propri ne` alla Cassa Depositi e Prestiti, se non dopo aver esperito il tentativo di finanziamento presso le società di leasing in posizione regolare rispetto alle disposizioni di legge che disciplinano l’esercizio dell’attività di locazione finanziaria.   Art.3) Viene costituita una speciale Agenzia alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che avrà il compito di promuovere il collocamento di domande di locazione finanziaria tra le società nella posizione prevista all’art. 2. Gli Enti Pubblici richiedenti il finanziamento dei loro investimenti, che non riuscissero con i loro mezzi a trovare soluzioni soddisfacenti, dovranno rivolgersi alla Agenzia che dovrà in 21 giorni o trovare il collocamento dell’operazione, o rilasciare al termine l’attestazione che confermi l’impossibilità di finanziare l’investimento con il ricorso alla locazione finanziaria.   Art.4) Gli enti pubblici potranno fare ricorso alle fonti tradizionali solo dopo il rilascio dell’attestazione di cui all’art. 3.   Art.5) L’Agenzia di cui all’art. 3 avrà anche il compito di stabilire con cadenza mensile e di concerto con l’ABI e l’ASSILEA il tasso nominale annuo massimo e la periodicità di rimborso dei canoni applicabili alle operazioni di leasing a seconda del loro taglio, della loro importanza, della fungibilità dei beni e delle garanzie intrinseche nell’operazione, anche se il perfezionamento delle varie operazioni sarà` di competenza delle singole società` di leasing che aderiranno alla proposta. Le società` di leasing che accetteranno le proposte dell’Agenzia corrisponderanno alla stessa una commissione dello 0,125%, che verrà utilizzata per le spese di funzionamento dell’Agenzia stessa, la cui attività verrà disciplinata con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.   Art.6) Le operazioni di leasing realizzate per il tramite dell’Agenzia ed alle condizioni economiche da questa segnalate non richiedono l’esperimento di alcuna altra gara in considerazione del potere dell’Agenzia di verifica della congruità dei valori dei beni richiesti in locazione.   Art.6) Le disposizioni del presente decreto avranno validità fino al 31.12.2015 e con lo spirare di tale data anche l’Agenzia verrà chiusa.   Realizzato un risparmio di spesa di oltre 40 miliardi, e risolta così l’emergenza deficit di bilancio ma con una manovra di lungo periodo che evita lacrime e sangue ed evita che la caccia ai delinquenti venga fatta con le vetture di proprietà di poliziotti e carabinieri, è giusto a questo punto affrontare il problema della composizione del nostro fatturato, sempre dipendente da materie prime altrui, abbiamo rivolto la nostra attenzione ad un   PROGETTO PAESE,   che ribaltando l’ottica dell’industrializzazione massiccia fin qui seguita, potrebbe portare alla creazione di oltre 3 milioni di posti di lavoro. La riduzione ottenuta con la manovra leasing si esaurirà nel giro di qualche anno, giusto quelli necessari per innescare il nuovo progetto.   Un progetto di ampio respiro, capace tra l’altro di risparmi per una decina di miliardi, di apporti netti sul bilancio dello Stato per oltre sessanta miliardi , di incrementi del P.I.L. per altre decine di miliardi di euro, senza contare il beneficio per i conti previdenziali che verrebbero rimpinguati dai contributi dei nuovi assunti sempre per decine di miliardi di euro Il progetto potrebbe innescare nel Paese un nuovo periodo di benessere e stabilità sociale, UN PROGETTO PER  L’ ITALIA.   L’ITALIA è il bel Paese che il mar circonda e l’Alpe. Parliamo di 7500 Km di coste coronate a nord dalle Alpi e percorse al centro dall’Appennino.   Nel bel mezzo circa il 70 (o l’85% ?) del patrimonio artistico mondiale. Attenzione: Mondiale. Il che significa che se i popoli della Terra desiderassero vederli tutti, miliardi di viaggiatori dovrebbero venire nel nostro Paese a vederli.   Il numero dei turisti che visita il ns. Paese può sembrare elevato, ma così non è perché composto per circa il 40% da escursionisti… e poi tornano a casa, perché ? Perché realmente non sappiamo quello che abbiamo in casa.   Quale l’idea? Copiamo il Vaticano. Il restauro della Cappella Sistina non è costato una lira alle finanze vaticane. E’ stato finanziato dai giapponesi che hanno avuto in contropartita l’uso dell’immagine: esattamente come per le partite di calcio. Ebbene, il rientro dei finanziamenti è avvenuto in maniera molto più celere di quanto gli stessi giapponesi avessero previsto.   L’ipotesi è quella di dividere l’Italia in comprensori turistico-artistici e di darli in concessione con una regolare asta internazionale o assegnazione diretta ad un investitore designato che ne ha fatto richiesta scritta. Obbligo del concessionario:

  1. un inventario da redarsi in contraddittorio con la locale Sovraintendenza alle Belle Arti alla presenza di un ufficiale del locale comando dei carabinieri o della guardia di finanza.(l’esperienza insegna che più occhi e più responsabilità aiutano a fare meglio i controlli);
  2. assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti i beni compresi nell’inventario di cui al punto precedente;
  3. presentare entro sei mesi dall’assegnazione il piano per l’utilizzazione del comprensorio in concessione. Il piano viene presentato alla Regione ove si trova il comprensorio e la Regione deve entro 45 giorni dare risposta richiedendo eventuali modifiche o integrazioni;
  4. il tutto farà capo ad una agenzia diretta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri composta da uno staff tecnico di professionisti;
  5. la durata della concessione può essere 48 mesi, 60 mesi, 120 mesi;
  6. il contatto tra l’agenzia e il concessionario deve essere collateralizzato a garanzia  delle somme che spetteranno all’agenzia.

    Il comprensorio turistico- artistico è un’area omogenea sul cui territorio il concessionario può richiedere di installare a proprie spese opifici sia per la migliore utilizzazione delle opere d’arte, che alberghi, infrastrutture e quanto altro possa agevolare la migliore fruizione del complesso dato in concessione; egli ne curerà la manutenzione straordinaria e ordinaria e utilizzerà solo mano d’opera locale. Importante: ogni contratto ha un valore certo essendo sostenuto da un collaterale bancario; questi possono essere depositati in una principale banca e con un’operazione di factoring garantito e/o cartolarizzazione si possono ottenere immediatamente le somme anche se con uno sconto di attualizzazione; queste somme possono essere incamerate dallo Stato, meno la commissione per l’Agenzia; niente più costi ma solo entrate. Facciamo un esempio: ipotizziamo che sia stato definito il comprensorio di Pompei che comprenderà la zona degli scavi, il santuario e una certa parte della superficie comunale. Orbene il concessionario della zona potrebbe proporre la costruzione di alberghi, ristoranti, la realizzazione di nuove strade, parcheggi, e financo una Pompeiland, ove ricostruire e far rivivere la città distrutta con le sue case, le sue taverne ed evidentemente senza lupanari. Avremmo cioè la zona degli scavi, restaurati a cura del concessionario, più una nuova città con i suoi alberghi, ristoranti, parcheggi, strade con taxi bighe, etc. Qualcuno, o forse anche molti, potranno storcere il naso, ma trasformeremmo un turismo pendolare in un turismo stanziale. Vedere i visitatori di Walt Disney Paris per credere. Considerando che nelle attuali condizioni il comprensorio di Pompei Paestum ha avuto circa 3,2 milioni di visitatori, si potrebbe giungere a 10 milioni di visitatori. Considerando il da farsi ed i tassi di disoccupazione locali, è verosimile una previsione da circa 4.000 fino a 10.000 posti di lavoro che sarebbero impegnati prima nei lavori di costruzione per la realizzazione sul posto di un centinaio di alberghi da 100 stanze, ristoranti, negozi, boutiques, nella ricostruzione di Pompeiland, strade, parcheggi, nella gestione del tutto, nella manutenzione e nel restauro, nei servizi di sicurezza e in tutto quel coacervo di servizi necessari per soddisfare i desideri ed i bisogni di 10 milioni di visitatori. Se proviamo ad immaginare 30 comprensori assegnati  all’asta ad un valore minimo medio di 2 miliardi anno avremmo incrementato il nostro PIL di 60 miliardi anno più il risultato dato dall’attività dei comprensori. Potremmo raddoppiare  il numero dei turisti e quindi creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, che contribuirebbero anche loro all’aumento del PIL che potrebbe incrementarsi di ben 6 punti. I soliti critici pirroniani, come hanno già fatto per le Olimpiadi, potrebbero stracciarsi le vesti accusandoci di voler mercificare il nostro patrimonio. Certo che si anche se su questa idea c’è da lavorare e molto considerando che i patrimoni appartengono alle Regioni e parzialmente allo Stato, ma da chi vanno a ricorrere le Regioni se non ce la fanno con la loro gestione ordinaria? Allo Stato sempre e quindi un bel tavolo operativo tra Regioni e Stato potrebbe portare a fantastici risultati. Quello di far rendere quello che il buon Dio e la storia ci hanno dato. Che la Germania non vende il suo carbone? Che i Paesi Arabi non vendono i loro petrolio? Noi desideriamo trasformare i costi per la gestione di un patrimonio, tra l’altro fruito da tutti e che oggi sta andando in rovina per mancanza di fondi, in un’occasione di guadagno per l’erario e di lavoro per i ns. giovani, assunti realmente da terzi e non a carico, in maniere più o meno camuffate, del bilancio pubblico. Noi vogliamo moltiplicare i proventi del turismo creando ovviamente le necessarie infrastrutture, senza le quali i turisti non possono arrivare. Quando Zapatero dice con soddisfazione di averci superato, non dice una boutade. Prendete un aereo, andate a Malaga: scenderete in un aeroporto nuovissimo ed efficiente. Senza uscire dall’aeroporto potrete nel sotterraneo prendere una autovettura a noleggio e come uscirete dall’area aeroportuale vi immetterete in una autostrada che può portarvi fino a Gibilterra, autostrada che si raccorda con vie di uscita che vi porteranno sempre su un percorso autostradale nelle vicinanze del vs albergo  per il quale avrete avuto difficoltà di scelta, tanti ve ne sono. Ma quello che sicuramente sapete, è che non si tratta di alberghi vuoti, ma strapieni con prezzi estremamente competitivi e quando la sera, andrete a cercare un ristorante, avrete anche qui difficoltà a trovare un posto libero, e non perché non vi siano ristoranti.  Ve ne sono tantissimi che offrono “pescado” fresco ai prezzi cui da noi si offre del surgelato. Sono semplicemente tutti pieni e vi toccherà attendere in fila. Un sogno per la maggior parte dei ristoratori italiani. Il ns. PROGETTO PAESE non potrebbe svilupparsi senza la previsione di completare quelle opere autostradali essenziali quali la Salerno Reggio Calabria con il ponte sullo stretto per unire finalmente la Sicilia al continente, il corridoio tirrenico per evitare  che il minimo tamponamento sul tratto appenninico dell’A1 tagli l’Italia in due, e l’aumento delle corsie sui tratti di tangenziale di Milano, Roma e Napoli già oggi ingolfati di traffico e in più realizzare almeno  4 nuovi aeroporti “leggeri”  adatti però all’atterraggio di voli intercontinentali,che potrebbero essere costruiti in prossimità delle città d’arte: Firenze, Pompei/Salerno, Roma, Palermo/Taormina e gestiti integralmente da chi ci offrirà le migliori royalties. Nelle zone servite  dai nuovi aeroporti, dovranno essere costruiti nuovi hotels che potrebbero essere gestiti eventualmente dal medesimo gestore degli aeroporti, con un modulo standard capace di coniugare decoro e servizi ad un prezzo a livello della catene francesi attive in questo segmento. 1 La zona di  Pompei, Caserta, Capri, Paestum ha avuto lo scorso anno oltre 5 milioni di visitatori. Di questi circa 3 milioni di persone sono stati costretti ad arrivare da Roma Fiumicino senza possibilità locali di ricezione.  2 Firenze nelle sue varie gallerie ha visto il passaggio sempre di oltre 5 milioni di visitatori. Di questi, circa 3 milioni, ove giunti in aereo, sono atterrati a Roma/Fiumicino o a Malpensa, o in altri aeroporti minori collegati con voli Low Cost con altre città europee.  3 Roma, utilizzando lo stesso sistema di calcolo, ha visto tra musei vaticani e nazionali, 11.000.000 circa di visitatori/presenze cifre che giustificano una pista che potrebbe essere collocata tra la via Cassia e Flaminia, o a ridosso dell’attuale collegamento ferroviario Fiumicino-Orte. 4 In Sicilia si tratterebbe di un aeroporto da collocarsi tra Caltanissetta ed Enna, a ridosso dell’autostrada che collega Enna a  Catania e a Palermo passando per Messina. La Valle dei Templi sarebbe a 50 km, idem i mosaici di Piazza Armerina. Palermo sarebbe raggiungibile in 45 minuti, egualmente Taormina.       Che dire dei costi di progettazione e realizzazione infrastrutture ai punti di cui sopra? Se in Italia abbiamo ancora qualcosa che può essere speso è il ns. sistema bancario. Ecco la procedura finanziaria: 1.La Banca Centrale del Paese (Italia in questo caso) che sarà finanziato emette un Security Bond o Global Bond dell’intero valore del progetto, scadenza 1 anno, rinnovabile per 10 anni, a garanzia del finanziamento richiesto. Prima dell’emissione dello strumento bancario, Dynamic ha bisogno di ricevere il draft/testo per controllarne la forma e l’autorizzazione del Ministero delle Finanze.  2.Occorre che venga comunicato nome banca emittente, se diversa dalla Banca Centrale del Paese (valutazione rating e rischio).   3.La  Banca emittente trasferisce il Bond su propria Banca Corrispondente Europea su account dello Stato stesso o agenzia appositamente costituita.  4. La Banca Corrispondente incamera il Bond nel proprio Monte Titoli, quindi in carico contabilmente e sulla base di questo invia alla Banca che Dynamic designerà un SKR o un CD a garanzia, tramite MT760 full banking responsibility. 5.La Banca ricevente accrediterà l’operazione pari al 70% del valore facciale della garanzia (CD – SKR) [segue come parte integrante della procedura finanziaria testo del CD e del SKR].   6.Il 70% sarà utilizzato per finanziare l’intero progetto ad avanzamento lavori (SAL) dal 45° giorno. A questo proposito verrà realizzato ad hoc un financial plan per la realizzazione del progetto in questione. 7.Il Paese Italia beneficiario del finanziamento non dovrà restituire detto finanziamento (quota capitale) ma solo ed esclusivamente interessi pari al 5% annuo per 5 anni a Banca designata da Dynamic. 8.Il Paese Italia a fronte capitale cederà un 25% delle quote del  progetto e quindi del suo profitto per 10 anni a Dynamic First Sa quale General contractor ma non gestore del progetto. 9.Una volta che il progetto è realizzato, ma non prima di 5 anni, la Garanzia (CD-SKR) ritorna alla Banca Corrispondente Europea e questa restituisce il BOND alla Banca Emittente del Paese Italia. 10.L’operazione è quindi a costo zero quale sorta capitale, o meglio a fondo perduto. 11.Alla firma del contratto saranno stabilite le competenze iniziali per l’Agenzia e per Dynamic quale costo e spese di elaborazione progetto finanziario   SEGUONO DRAFT TESTI     ————————— MESSAGE TEXT SKR VIA MT 760 —————————- 20: TRANSACTION CODE : 23: FURTHER IDENTIFICATION REQUEST: 30: DATE 01/03/2009 (DAY)   We, the undersigned, ( Issuing Bank ) , of ( Full Address ) with the authorized authority HEREBY confirm irrevocably and unconditionally without protest or notification that we have in Safekeeping Certificates of Deposit to the order of Mr/Company for with numbers    issued on    and expiring on The insured value of the certificate of deposit in our Safekeeping is EUR 000,000,000.00 ; The asset backing this Safekeeping Receipt is the following asset: legally earned funds, clean, cleared and of non-criminal origin The certificate of deposit are blocked in favour of  until their maturity date fixed on This Safekeeping Receipt is irrevocable, non-transferable, negotiable without notification to us or payment of any transfer fees.   This Safekeeping Receipt shall be governed by and shall be construed in accordance with the Laws ofand is subject to the uniform Customs and Practices for Documentary Credits and the latest revisions of ICC publication N. 500/600 For and on behalf of the issuer this     day of WE HEREBY IRREVOCABLY SEND THIS ASSET FOR THE BENEFIT OF YOUR ACCOUNT HOLDER, AS FOLLOWS:   BANK NAME BRANCH BANK ADDRESS PHONE/FAX/E-MAIL BANK OFFICER SWIFT CODE ACC. HOLDER ACC. NUMBER   _____________________________________________________________________   THIS CONFIRMATION OF SENDING OF ASSET IS GOVERNED BY THE ‘UNIFORM CUSTOMS AND PRACTICES’UCP AND BY THE INTERNATIONAL CHAMBER OF COMMERCE, PARIS, FRANCE, LATEST REVISION OF PUBLICATION 500. FOR AND ON BEHALF OF ISSUING BANK BANK OFFICER: BANK OFFICER: PIN:               PIN: 72: SENDER TO RECEIVER INFORMATION KINDLY ACKNOWLEDGE RECEIPT AND INFORM US THE DATE OF ADVISING THE ACCOUNT HOLDER ————————– MESSAGE TRAILER ————-————-     CERTIFICATE OF DEPOSIT (Specimen verbiage)   City, date : To : (CD) Account holder : (CD) Account number : (CD) Beneficiary : Currency : Face amount : Location : Maturity date reg. :   FOR VALUE RECEIVED, WE THE UNDERSIGNED, BEING AUTHORIZED OFFICERS OF, AND ON BEHALF OF_____________________ (Bank/Address/Country), HEREBY IRREVOCABLY AND UNCONDITIONALLY CONFIRM, WITH FULL BANK RESPONSIBILITY, THAT YOU HAVE ON DEPOSIT IN THE ABOVE NOTED DEPOSIT ACCOUNT, ASSETS EQUIVALENT IN EURO OF NOT LESS THAN THE AMOUNT OF …. HUNDRED MILLION EURO ……………. FREE  AND CLEAR OF ALL ENCUMBRANCES OR LIENS. AND FURTHERMORE, WITHOUT PROTEST OR NOTIFICATION, AND WAIVING ALL RIGHTS OF OBJECTION, WE UNDERTAKE TO PAY AT MATURITY DATE OF THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT TO THE ORDER OF THE ACCOUNT HOLDER, ANTONIO CARERI, FOR THE BENEFIT OF THE BEARER HEREOF, IN THE LAWFUL CURRENCY OF THE EUROPEAN UNION, THE PRINCIPAL SUM OF EURO or USD ….. HUNDRED MILLION (US$ 500’000’000.00) UPON PRESENTATION AND SURRENDER OF THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT AT THE OFFICES OF__________________(Bank/Address/Country). SUCH PAYMENT SHALL BE MADE WITHOUT SET-OFF AND FREE AND CLEAR OF ANY DEDUCTIONS OR CHARGES, WITHHOLDINGS OF ANY NATURE NOW OR THEREAFTER, IMPOSED, LEVIED, COLLECTED, WITHHELD OR ASSESSED BY THE GOVERNMENT OF …………………… OR  ANY POLITICAL SUBDIVISION OR AUTHORITY THERE OF OR THEREIN. THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT IS ASSIGNABLE, DIVISIBLE AND FREE TRANSFERABLE WITHOUT PRESENTATION OF IT TO US, AND WITHOUT PAYMENT OF ANY FEES WHATSOEV   Yours truly, Authorized Signature                      Authorized Signature   Bank Officer 1: Name/Title                Bank Officer 2: Name/Title   Seal                                      Seal

Quanto sopra, può essere utilizzato dal Paese Italia nei confronti di quei Paesi verso i quali si trova in una posizione di debito, alla quale dovrà versare un certo importo trasformato in opere entro il periodo di 20 anni. Possiamo definire la faccenda subito; la Banca Centrale emette un BOND nella totalità del valore a debito con il Paese prescelto, con autorizzazione Ministero delle Finanze/Stato, segue il processo finanziario di cui sopra ed il 70% sarà utilizzato per la costruzione delle opere. Il capitale pertanto è preservato, a parte un 5% all’anno di interessi per 5 anni, ed il 25% che dovrebbe essere dovuto alla Dynamic quale percentuale dell’opera/gestione potrà essere trasformato in altri privilegi o servizi. (Ns scelta e ciò dipende dal rischio Paese e /o situazioni geo politiche e/o Istituzionali in corso inerenti il Paese beneficiario del finanziamento).

IL WELFARE Non sappiamo se è stato notato, e se non lo fosse stato, qui desideriamo sottolineare che fino a questo punto non abbiamo mai parlato di esborsi ma sempre e soltanto di risparmi del deficit corrente, di tanti posti di lavoro e di incremento del PIL. L’esperienza ci ha però insegnato che i piani che rasentano il BEP (punto di equilibrio) si risolvono poi in risultati passivi e che quindi bisogna coniugare più interventi per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo. E qui arriva il punto di richiedere di smetterla con politiche monetaristiche che non fanno che deprimere il Paese e allontanare la possibilità di un lavoro per i giovani. Bene il provvedimento sugli straordinari ma è un mezzuccio. Per dare lavoro vero, e non mezzi lavori, stages, contratti di formazione e lavoro, etc, ci deve essere sviluppo. Sviluppo significa creare le condizioni per lo sviluppo che crea poi lavoro. Senza sviluppo non si paga la pensione a nessuno. Mille che lavorano non potranno mai pagare la pensione a 10.000. Ci vuole sviluppo: il nostro piano vuole creare milioni di posti di lavoro ma poiché conosciamo il ns. Paese, ben difficilmente il ns. piano che non è supportato da nessuna grande forza politica sarà apprezzato e fatto proprio da qualcuno.   Suggeriamo allora, che si faccia un decreto “ROTTAMAZIONE” per alcune regioni italiane. Non vogliamo rottamare nulla, solo vogliamo applicare con diligenza alcuni benefici di tassazione ove la situazione lavoro è più grave, ma solo per far guadagnare di più all’Erario. Esattamente come si è verificato per il decreto sulla rottamazione, criticato prima come un regalo alla Fiat e rivelatosi poi come un apportatore di imposte poi (+ 477 miliardi di lire in 5 mesi). Ci vogliono scelte coraggiose e fuori dalla tradizione.                           In alcune regioni italiane la situazione lavoro è gravissima, ed in più in queste regioni il prodotto interno per abitante è di gran lunga inferiore alla media nazionale. Abbiamo considerato di poter riequilibrare la situazione in sette anni. Come? Con un altro decreto legge:   Art. 1   A decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, alle regioni in cui il Prodotto interno lordo per abitante risulti inferiore del 30% alla media delle 10 regioni con il più alto PIL per abitante, verranno attribuiti i seguenti benefici. A= Ad ogni nuova impresa costituita con qualsivoglia forma societaria che rientri nell’elenco di cui sopra che verrà pubblicato ogni anno a cura della Presidenza del Consiglio, si applicherà un’imposta totale omnicomprensiva sulle persone giuridiche nell’aliquota unica del 27,5%. B= Gli stipendi ed i salari degli assunti di queste nuove imprese verranno assoggettati ad un’aliquota previdenziale complessiva del 15%, di cui il 12,5% a carico del datore di lavoro ed il 2,5% a carico del lavoratore. Art.2 A tutte le imprese già esistenti sul territorio nazionale alla data di questo decreto, indipendentemente dalla localizzazione geografica, in sede di bilancio annuale potranno considerare in detrazione d’imposta le percentuali calcolate come segue: Per nuove assunzioni comprese fino al 5% del personale occupato calcolato alla data del 31.12.14 rispetto a quella del 31.12.2013, abbattimento di un punto nel calcolo delle imposte dovute. Per le nuove assunzioni comprese tra il 5 e il 10%, sconto di due punti. Tra il 10% e il 12,5%, sconto di tre punti. Tra il 12,5% ed il 15%, sconto di 4 punti Tra il 15% ed il 17,5%, sconto di 5 punti. Tra il 17,5% ed il 20.00%: sei punti. Oltre il 20,00% sconto di 7 punti. Per esemplificare: un’impresa che avesse avuto alla dichiarazione annuale dei redditi, una forza lavoro complessiva di 65 unità, ove incrementi nel corso dell’anno successivo questo numero di altri 18 lavoratori, registrerebbe un incremento di organico pari al 27,69% ed avrebbe diritto ad applicare una riduzione di 7 punti dalle normali aliquote IRPEG. Per nuove assunzioni si intendono quelle riferentesi a lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle categorie normali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi con esclusione dei rapporti di formazione o di stage. Quale Cassandra potrebbe affermare che l’Erario ci rimetterebbe? Una aliquota unica bassa sta facendo la fortuna di una serie di Paesi, (Regno Unito 19%, Repubblica di San Marino 17%, Svizzera 24%, che intelligentemente hanno capito che il 51% di zero è sempre zero, mentre, come nella ns. proposta, il 27,5% di qualcosa è sempre qualcosa. La stessa Germania sta guardando con interesse la flat tax. C’era un Partner europeo, l’Irlanda, che partita in condizioni peggiori dell’Italia, ha oggi quasi tutti i conti in ordine ed è divenuta in più la capitale europea dell’high tech. Grazie a che cosa? Ad una tassazione  media sui profitti del 12%. C’è un concetto, quello del villaggio globale, che sfugge ai nostri “ragionieri” del fisco ed è sfuggito alla sinistra e ai sindacati. Lo slogan lavorare meno per lavorare tutti nella attuale realtà italiana può essere tradotto: lavorare meno per non lavorare più. Noi non dobbiamo piangere per i conti dell’INPS! Dobbiamo piangere perché non c’è lavoro per i ns. figli e non c’è lavoro per i nostri figli perché la Repubblica spreme il lavoratore dipendente come un limone. Spremi oggi, spremi domani, chi può se ne va in pensione MA chi resta a lavorare per pagare la pensione a quelli i cui contributi versati sono stati bruciati dalla cassa integrazione, dai pensionamenti anticipati, dai coltivatori diretti? DOBBIAMO capire che non serve avere un costo del lavoro più alto che a Montecarlo? DOBBIAMO capire che tutti i ns. industriali che vogliano continuare a stare sul mercato, dovranno per costrizione portare le loro lavorazioni all’estero! E così le evasioni ci saranno sempre, evasioni di tecnologie nostre, evasioni di nostri prodotti, evasioni di personale evasioni di miliardi di euro nascosti in Italia e miliardi portati all’estero; non sarà certo uno scudo fiscale a risolvere un problema, non può una goccia d’acqua pulita sanare un mare inquinato….pochi in paragone entreranno e tanti se ne spenderanno in attività giudiziarie, di polizia, controllo, accertamenti, lotta alla prevenzione, casi con il fisco spesso portati in aule di tribunali, ect ect   Ed allora portiamogli l’estero in casa: 1 per chi è tradizionale e mi riferisco alle PMI (piccole medie imprese) facciamo installare le loro nuove aziende nelle zone ove il PIL procapite è più basso, e facciamo pagare ai nuovi assunti un’aliquota molto bassa; 2 per chi è industriale italiano e per qualsiasi azienda ESTERA, creiamo una ZONA FRANCA                      

OFF – SHORE, IL SOGNO DI OGNI ITALIANO…e non solo Tu caro Senatore hai pensato a Bolzano, noi avevamo in mente  TRIESTE..ma poco cambia..occorre farle le cose…già a suo tempo in questa materia risolutiva toppò Prodi, ora forse è il momento buono. Una scommessa, la voglia di tornare grandi, perché “la crisi si fa sentire”. Un sogno che che sa di ricchezza e di velocità. Off-shore. Un sogno di imprese, denaro, lavoro. Un sogno senza balzelli, un sogno esentasse. Un sogno che per che per Bonn è un incubo. Il paradiso fiscale immaginato da Trieste ha l’ imperdonabile colpa di “adescare” con il suo fascino e col profumo dei soldi le imprese tedesche, austriache e svizzere sottraendo così “ingenti introiti” al fisco di questi Paesi, la paura che le loro risorse finanziarie sfuggano al controllo dei loro istituti di credito. Trieste, con le vicine Venezia e Capodistria, una finestra affacciata ad un nuovo scenario, la “città franca”, dotata di larghe autonomie, il progetto dell’ off-shore, per richiamare in città gli operatori economici, dare nuovi posti di lavoro, e rivitalizzare l’intera economia della città. Occorre una legge per aiutare le aree di confine. L’ idea non è solo quella di un centro di affari rivolto soprattutto ai paesi ex comunisti che hanno appena imboccato la via della transizione al capitalismo; L’off-shore è un “Centro internazionale di servizi finanziari e assicurativi”, potrà ospitare banche, borse merci e valute, assicurazioni e società finanziarie e raccogliere fondi sui mercati internazionali; abbiamo nel cassetto domande da diversi paesi, ed anche dalla Germania, di operatori finanziari che intendono salire (qualche centinaio), non appena partirà il progetto, e circa 56.000 tra aziende, professionisti, agenzie di servizi,compagnie immobiliari e imprese di costruzioni.

TUTTI I VANTAGGI PER LE IMPRESE SOGGETTI BENEFICIARI – Istituzioni creditizie, società di intermediazione mobiliare, assicurazioni e società finanziarie che raccolgono fondi sui mercati internazionali presso non residenti da utilizzare unicamente fuori del territorio dello Stato italiano con non residenti BENEFICI FISCALI – Esclusione dall’Irpeg, e di tutte le imposte locali sui redditi, imposte indirette sugli affari: applicazione di una aliquota fissa sugli interessi che percepiranno dagli istituti di credito e assicurativi (12x 1000) ALTRI BENEFICI – Chi opera non sarà considerato residente in Italia ai fini valutari e bancari. Lo Stato Italiano è PATROCINATORE di tutto questo, ed attraverso una sua AGENZIA DELLE ENTRATE in loco che agisce da CONTROLLER incamera un fisso tutti gli anni. I vantaggi non saranno comunque pochi: nonostante esenzione totale dell’ Irpeg, delle altre imposte sui redditi, ed il privilegio della “extraterritorialità valutaria” per le aziende, si porrà un limite gli investimenti e ai prestiti i quali non potranno superare complessivamente i 7 mila miliardi, e su questi l’AGENZIA incamera una % pari a ………e i benefici fiscali non supereranno i 65 miliardi e su questi l’AGENZIA incamera una % pari a…… Prendiamo lo Stato del Delawere a STATUTO SPECIALE: -chi ha la sede paga una tassa fissa sulla sede, quella che da noi è la TASI ora -chi ha il domicilio, paga un importo fisso all’anno di domiciliazione, ipotizziamo 3.500€ -si paga una tassa di iscrizione una tantum, ipotizziamo 8.000€ -si paga una tassa di registro ogni anno, ipotizziamo 4.000€ -si paga il revisore dello Stato Italiano che chiude la contabilità di ogni iscritto 2.000€ e detto revisore deposita il documento contabile alla AGENZIA che equivale ad una denuncia dei redditi -si pagano a postille (3.500€) e notarizzazioni (4.000€) su tutti i documenti di contratto, fatture e bolle di trasporto, stampa di documenti societari, autorizzazioni e good standing, atti di compravendita mobiliari e immobiliari, tassa di successione immobiliare o mobiliare (i notai locali saranno anche avvocati e tratterranno una % del 20 quale loro compenso) *(moltiplicate i dati di cui sopra per circa 3.000.000 di imprese iscritte) -non è obbligatoria la stabile impresa, non si depositano bilanci, ma ogni nominativo è identificato e non può essere nascosto da fiduciarie; non si paga bollo auto, canone RAI e IVA. La TASI sarà una tantum alla delibera di abitabilità pari a 5.000€. CONTI CORRENTI BANCARI CERTIFICATI DI DEPOSITO E/O MONTE TITOLI LIBRETTI A RISPARMIO POLIZZE ASSICURATIVE OPERE DI VALORE AZIONI E OBBLIGAZIONI ATTI DI PROPRIETA’. Tutto questo sarà inviato bank to bank, obbligatoria l’origine dei fondi e il legittimo possesso. Dato che non si pagheranno tasse, né anticipi sui dividendi, l’iscritto (solo società, quindi le persone fisiche e le imprese che vorranno godere dei benefici della zona franca, dovranno obbligatoriamente creare una impresa che per le persone fisiche funge da trust di famiglia e per le imprese funge da holding di partecipazioni) dovrà impiegare il 10% del suo capitale per lo sviluppo dell’agricoltura in Italia; non sono a perdere, ma un investimento che renderà un profitto pari al 4% netto all’anno. Il perché dell’abbandono delle terre. Questa preziosa funzione dell’agricoltura è stata sempre colposamente trascurata, lasciando spopolare colline e montagne per mancanza di redditi adeguati e capaci di trattenere un’attività agrosilvo-pastorale. Oggi, i calcoli sui costi e sul valore di quelle attività portano a cifre elevate che complessivamente nessuna struttura pubblica sarebbe in grado di sostenere, per di più con altrettanta attenzione, tempestività e continuità. Ciò è stato ripetutamente verificato e puntualmente riconosciuto tutte le volte che gli agricoltori sono stati costretti ad abbandonare i loro campi le imprese, applicando regolamenti e direttive hanno subìto anche un notevole incremento dei controlli sull’attività agricola e l’introduzione di vincoli normativi e rigidità applicative che impongono maggiori costi ed oneri burocratici. Mentre da una pubblica amministrazione ci si sarebbe aspettato uno stimolo alla modernizzazione e innovazione diretto a premiare la capacità ed il talento, favorendo l’agricoltura intesa come attività di pubblico interesse a tutela del territorio, del suolo e delle acque. L’area della zona Franca lo deve essere per eccellenza. Sarà installato (ns. brevetto) un impianto di smaltimento rifiuti, impatto ambientale ZERO, per produrre energia (1 ton di rifiuti produce 1,5 MWatt di energia e 400 lt. Di jet fuel-benzina che può essere venduta a 16 cent il litro).

E ‘has an urgent need to provide a reform of the tax process.

Ritengo necessario affrontare seriamente e concretamente affrontare il tema dell’attuale sistema tributario, perché il cittadino contribuente, quando si deve difendere con il fisco, non si trova in una posizione processuale di parità.
Non voglio parlare di “Equitalia” anche perché penso che se ne sia parlato abbondantemente, e che vada completamente eliminata dal panorama fiscale italiano. E’ stata una scelta, questa istituzione, a dir poco ai limite dell’illegalità, e anche se sembra assurdo ciò che affermo, dei diritti umani, alimentando suicidi, instabilità familiari e fallimenti aziendali, utilizzando il sistema di “usura legalizzata ed appropriazione indebita delle proprietà altrui”.
Con la modifica  dell’art. 111 della Costituzione che, ha introdotto il “giusto processo”, applicabile anche al “processo tributario”, deve far si che tutti gli operatori del settore  contribuiscano a modificare l’intera disciplina del processo tributario.
“Ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”
Quindi il principio c’è. Manca solo che si deve adeguare e renderlo applicabile anche il moderno processo tributario, per evitare possibili, future eccezioni di incostituzionalità, che peraltro già ci sono state.
Il “giusto” processo serve a salvaguardare le parti in causa, e pertanto a non penalizzare nessuno, a fare giustizia, specie per le parti più deboli che devono poter far valere il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) che deve sempre conciliarsi con l’esigenza dello Stato di riscuotere le imposte (art. 53 della Costituzione). Le giuste ed eque imposte.
Bisogna tenere conto anche dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27 luglio 2000).
E’ fuorviante non ammettere che oggi ci troviamo di fronte ad un’instabilità crescente dell’ordinamento tributario che crea incertezze e costi sempre più alti, tasse sempre più inique e inutili che diminuiscono gli investimenti e il potere d’acquisto dei cittadini dando l’immagine dello stato sempre più “vampiro”, e servizi sempre meno efficienti.
Siamo arrivati al punto che è luogo comune pensare che sia giusto “evadere per vivere”. E poi ci sono i continui cambiamenti in corso delle regole del fisco ed il susseguirsi di norme introdotte da fonti sempre diverse. Il contribuente vive nel terrore dell’esattore alla porta, del messaggio sul cellulare, dei sequestri senza regolare processo civile per debiti, etc.
Per non parlare della tormentata vicenda degli studi di settore, redditometri vari e degli indici di normalità economica.
Comunicazione di nuove leggi fiscali attraverso comunicati stampa o telegiornali, come se fosse obbligatorio per legge che il contribuente deve leggere i giornali o vedere la TV. ASSURDO!!!
Una sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 80/9/07 del 19 giugno 2007 ha stabilito che non ha alcuna valenza giuridica il comunicato stampa con cui l’ufficio tributi di un Comune interpretava il regolamento ICI; effetto retroattivo dei nuovi valori utilizzabili in tema di valutazione di immobili, ai sensi dell’art. 1, comma 307, della Legge 296 del 2006 e successivamente nella controversa tassa IMU, a mio giudizio iniqua almeno per i redditi meno abbienti, sulla prima casa e laddove sussiste un mutuo (sempre prima casa).
E’ assolutamente necessario ed urgente l’applicazione di un codice di diritto tributario che deve garantire un più tranquillo e trasparente rapporto tra Stato e contribuente.
In Parlamento sono stati presentati nel corso degli anni vari progetti di legge di riforma del processo tributario e non ultimo nel 1996 il Governo si impegnava a presentare in tempi rapidi un apposito disegno di legge volto a razionalizzare ed integrare la disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario. e quindi con Decreto 27 febbraio 1997 del Ministro Visco, veniva nominata un’apposita Commissione dai cui lavori derivava il c.d. “Progetto Marongiu”.
Ma a tutt’oggi, nonostante la scellerata esperienza del governo Monti definito dei tecnici, che io invece chiamo dei “tecnocrati” che non ha prodotto nulla, anzi solo danni enormi al contribuente opprimendolo di tasse inique, tutte le iniziative parlamentari sul tema si sono arenate.
A questo punto, ritengo opportuna una urgente, radicale e più moderna riforma del processo tributario e mettere in campo tante proposte per una seria riflessione sul tema, che eventualmente potrebbe concretizzarsi in una proposta di legge ad iniziativa popolare, ai sensi dell’art. 71, secondo comma, della Costituzione .
Oltretutto, la presente riforma sarebbe a costo zero, a differenza di tante fantasiose proposte di legge presentate dai nostri parlamentari, che, se realizzate, porterebbero via dalle casse dello Stato milioni  e milioni di euro.
Quindi bisogna analizzare seriamente e in fretta principali istituti processuali che dovrebbero essere riformati per un giusto processo tributario, in modo da ottenere una effettiva tutela del cittadino – contribuente, senza il ricorso ad inutili ed illegittimi scioperi fiscali.
Arturo Di Mascio

 

After the death of the great statesman Giulio Andreotti, he goes a piece of Italian history.

«Nel 1919 sono nati il Ppi di Sturzo, il fascismo e io. Di tutti e tre sono rimasto solo io». Cosi affermava il Divo Giulio. E’ vero all’inizio del secolo scorso il nostro Paese dava il via alla sua nuova storia verso il cammino della democrazia e della repubblica.
Andreotti rispettoso dell’istituzione famiglia già da giovanissimo dimostrò la sua serietà e riconoscenza degli sforzi fatti da sua madre per farlo studiare e crescere timorato da Dio.
Egli stesso raccontava: « Mia madre è rimasta vedova giovanissima. Con mio fratello maggiore e mia sorella più grande, che morì appena si iscrisse all’università, vivevamo presso una vecchissima zia, classe 1854, nella casa nella quale io sono nato. – e ancora – « Appena presa la licenza liceale, fu doveroso per me non gravare più su mia madre, che con la sua piccola pensione aveva fatto miracoli per farci crescere, aiutata soltanto dalle borse di studio di orfani di guerra. Rinunciai, in fondo senza rimpianti eccessivi, a scegliere la facoltà di Medicina, che comportava la frequenza obbligatoria; mi iscrissi a Giurisprudenza e andai a lavorare come avventizio all’Amministrazione Finanziaria »
Così il “Divo Giulio” si laureò il 10 novembre del 1941 a pieni voti.
Forti emicranie, e la sua gracile costituzione fisica, facevano intravedere una fine a breve poco felice ma al contrario, come tutti sappiamo Giulio è arrivato a 94 anni.
E sulla questione salute, egli diceva ironicamente così: giustificò infauste previsioni che Andreotti ricorda così:
« Aiutato dal mio carattere ad apprezzare anche il lato comico delle vicende, dimenticai presto la terribile prognosi del medico militare del Celio Ricci, che, dichiarandomi non idoneo al corso allievi ufficiali («oligoemia e deperimento organico») aveva aggiunto il pronostico che a suo giudizio non mi restavano più di sei mesi prima di passare a vita migliore»
Nel 1954 diventò ministro, forte anche del suo largo consenso elettorale per aver mostrato sempre la sua vicinanza ai bisogni della gente. Giulio Andreotti nella DC  rappresentava l’ala più conservatrice e clericale in contrapposizione con chi voleva l’alleanza con il centrosinistra, come Moro e Fanfani.
Ma la sua forte entratura in Vaticano e le sue ottime relazioni internazionali, specie con gli Stati Uniti lo hanno praticamente scudato e reso invincibile.
Cosicché nel 1972 diventa presidente del Consiglio. Ma fu la presidenza della storia repubblicana più breve. Anche in questo va detto che Andreotti detiene il primato. Infatti durò solo 9 giorni, dalla fiducia alle dimissioni.
Ma questo non scoraggiò Andreotti e infatti negli anni successivi ha guidato per altre sei volte la Presidenza del Consiglio e numerose volte Ministro.
Fu anche l’uomo che guidò i governi di solidarietà nazionale per far uscire il Paese da temporanee crisi, perché era un grande mediatore politico che con la sua astuzia e capacità “penelopee” riusciva a tessere complicate tele e a mettere insieme i cocci di tanti vasi rotti.
Con le sue storiche citazioni: «il potere logora chi non ce l’ha» e che «a pensare male si fa peccato ma di solito ci si indovina», dimostrava come bisognava destreggiarsi nella complicata vita di chi deve gestire il potere.
Successivamente fu nominato Senatore a vita.
Andreotti è stato oggetto anche di accuse, a mio giudizio infamanti, su coinvolgimenti con “Cosa Nostra” e addirittura accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Pecorelli e altre spiacevoli vicende giudiziarie poco chiare, da cui il Senatore a vita se ne è sempre uscito affrontando pacatamente i processi e fiducioso dei risultati.
L’assurdità del nostro sistema giudiziario che molto spesso usato per motivi politici non dà conto della storia e né tanto meno della posizione in cui si trova un alto dirigente dello stato che, non ci nascondiamo dietro un dito, a volte si deve barcamenare tra mille rivoli che girano intorno al potere politico ed economico legato a lobby finanziarie e di interessi internazionali, nonché di geopolitica.
La verità, quindi, era che nella sua posizione, come tutti quelli che lo hanno preceduto e successivi a lui, conosceva i misteri del potere e della sua epoca particolare, sicuramente leciti e anche censurabili. Ed è naturale e apprezzabile, che da uomo di stato, riteneva che certe cose “non bisogna dirle”, un po’ meno che non “bisogna farle”.
E questo ha fatto si che Andreotti sia da rispettare solennemente per tutto il suo operato in politica. Uno che sapeva fare politica, e non come certi e vari attorini comici e di avanspettacolo che si vogliono far strada nei palazzi della politica (con tutto il rispetto per gli attori e i comici del cinema e teatro).
Quindi è stato oggetto di accuse e sospetti forti. Come ad esempio anche a proposito delle sue relazioni con la loggia P2, oltre a Cosa Nostra,e con alcuni individui legati ai più oscuri misteri della storia repubblicana.
E solo per questo non hanno consentito a Giulio Andreotti di diventare uno dei Presidenti della nostra Repubblica.
La sua immagine fu danneggiata e allora quando nel 1992, scaduto il mandato del dimissionario Francesco Cossiga come Presidente della Repubblica, la candidatura di Andreotti sembrava destinata ad avere la meglio finché, durante i giorni delle votazioni di maggio, la strage di Capaci orientò la scelta dei parlamentari verso Oscar Luigi Scalfaro.
Che dire di più?
Nient’altro, solo che è andato via un’altro importante pezzo della storia italiana. E a me sinceramente mi ha fatto venire “un magone”, quasi come mi fosse morto un parente caro.
Andreotti è sempre stato un punto di riferimento per chi come me ha la passione per la politica, per chi come me ama il nostro Paese e piange ogni giorno guardando che va alla deriva perché prima di tutto sono venuti a mancare uomini dalla statura politica come Giulio Andreotti.
Arturo Di Mascio

Morto il grande statista Giulio Andreotti, se ne va un pezzo di storia italiana.

«Nel 1919 sono nati il Ppi di Sturzo, il fascismo e io. Di tutti e tre sono rimasto solo io». Cosi affermava il Divo Giulio. E’ vero all’inizio del secolo scorso il nostro Paese dava il via alla sua nuova storia verso il cammino della democrazia e della repubblica.
Andreotti rispettoso dell’istituzione famiglia già da giovanissimo dimostrò la sua serietà e riconoscenza degli sforzi fatti da sua madre per farlo studiare e crescere timorato da Dio.
Egli stesso raccontava: « Mia madre è rimasta vedova giovanissima. Con mio fratello maggiore e mia sorella più grande, che morì appena si iscrisse all’università, vivevamo presso una vecchissima zia, classe 1854, nella casa nella quale io sono nato. – e ancora – « Appena presa la licenza liceale, fu doveroso per me non gravare più su mia madre, che con la sua piccola pensione aveva fatto miracoli per farci crescere, aiutata soltanto dalle borse di studio di orfani di guerra. Rinunciai, in fondo senza rimpianti eccessivi, a scegliere la facoltà di Medicina, che comportava la frequenza obbligatoria; mi iscrissi a Giurisprudenza e andai a lavorare come avventizio all’Amministrazione Finanziaria »
Così il “Divo Giulio” si laureò il 10 novembre del 1941 a pieni voti.
Forti emicranie, e la sua gracile costituzione fisica, facevano intravedere una fine a breve poco felice ma al contrario, come tutti sappiamo Giulio è arrivato a 94 anni.
E sulla questione salute, egli diceva ironicamente così: giustificò infauste previsioni che Andreotti ricorda così:
« Aiutato dal mio carattere ad apprezzare anche il lato comico delle vicende, dimenticai presto la terribile prognosi del medico militare del Celio Ricci, che, dichiarandomi non idoneo al corso allievi ufficiali («oligoemia e deperimento organico») aveva aggiunto il pronostico che a suo giudizio non mi restavano più di sei mesi prima di passare a vita migliore»
Nel 1954 diventò ministro, forte anche del suo largo consenso elettorale per aver mostrato sempre la sua vicinanza ai bisogni della gente. Giulio Andreotti nella DC  rappresentava l’ala più conservatrice e clericale in contrapposizione con chi voleva l’alleanza con il centrosinistra, come Moro e Fanfani.
Ma la sua forte entratura in Vaticano e le sue ottime relazioni internazionali, specie con gli Stati Uniti lo hanno praticamente scudato e reso invincibile.
Cosicché nel 1972 diventa presidente del Consiglio. Ma fu la presidenza della storia repubblicana più breve. Anche in questo va detto che Andreotti detiene il primato. Infatti durò solo 9 giorni, dalla fiducia alle dimissioni.
Ma questo non scoraggiò Andreotti e infatti negli anni successivi ha guidato per altre sei volte la Presidenza del Consiglio e numerose volte Ministro.
Fu anche l’uomo che guidò i governi di solidarietà nazionale per far uscire il Paese da temporanee crisi, perché era un grande mediatore politico che con la sua astuzia e capacità “penelopee” riusciva a tessere complicate tele e a mettere insieme i cocci di tanti vasi rotti.
Con le sue storiche citazioni: «il potere logora chi non ce l’ha» e che «a pensare male si fa peccato ma di solito ci si indovina», dimostrava come bisognava destreggiarsi nella complicata vita di chi deve gestire il potere.
Successivamente fu nominato Senatore a vita.
Andreotti è stato oggetto anche di accuse, a mio giudizio infamanti, su coinvolgimenti con “Cosa Nostra” e addirittura accusato di essere il mandante dell’ omicidio del giornalista Pecorelli e altre spiacevoli vicende giudiziarie poco chiare, da cui il Senatore a vita se ne è sempre uscito affrontando pacatamente i processi e fiducioso dei risultati.
L’assurdità del nostro sistema giudiziario che molto spesso usato per motivi politici non dà conto della storia e ne tanto meno della posizione in cui si trova un alto dirigente dello stato che, non ci nascondiamo dietro un dito, a volte si deve barcamenare tra mille rivoli che girano intorno al potere politico ed economico legato a lobby finanziarie e di interessi internazionali, nonché di geopolitica.
La verità, quindi, era che nella sua posizione, come tutti quelli che lo hanno preceduto e successivi a lui, conosceva i misteri del potere e della sua epoca particolare, sicuramente leciti e anche censurabili. Ed è naturale e apprezzabile, che da uomo di stato, riteneva che certe cose “non bisogna dirle”, un po’ meno che non “bisogna farle”.
E questo ha fatto si che Andreotti sia da rispettare solennemente per tutto il suo operato in politica. Uno che sapeva fare politica, e non come certi e vari attorini comici e di avanspettacolo che si vogliono far strada nei palazzi della politica (con tutto il rispetto per gli attori e i comici del cinema e teatro).
Quindi è stato oggetto di accuse e sospetti forti. Come ad esempio anche a  proposito delle sue relazioni con la loggia P2, oltre a Cosa Nostra,e con alcuni individui legati ai più oscuri misteri della storia repubblicana.
E solo per questo non hanno consentito a Giulio Andreotti di diventare uno dei Presidenti della nostra Repubblica.
La sua immagine fu danneggiata e allora quando nel 1992, scaduto il mandato del dimissionario Francesco Cossiga come Presidente della Repubblica, la candidatura di Andreotti sembrava destinata ad avere la meglio finché, durante i giorni delle votazioni di maggio, la strage di Capaci orientò la scelta dei parlamentari verso Oscar Luigi Scalfaro.
Che dire di più?
Nient’altro, solo che è andato via un’altro importante pezzo della storia italiana. E a me sinceramente mi ha fatto venire “un magone”. quasi come mi fosse morto un parente caro.
Andreotti è sempre stato un punto di riferimento per chi come me ha la passione per la politica, per chi come me ama il nostro Paese e piange ogni giorno guardando che va alla deriva perché prima di tutto sono venuti a mancare uomini dalla statura politica come Giulio Andreotti.
Arturo Di Mascio

E’ necessario provvedere urgentemente ha una riforma del processo tributario.

Ritengo necessario affrontare seriamente e concretamente affrontare il tema dell’attuale sistema tributario, perchè il cittadino contribuente, quando si deve difendere con il fisco, non si trova in una posizione processuale di parità.
Non voglio parlare di “Equitalia” anche perchè penso che se ne sia parlato abbondantemente, e che vada completamente eliminata dal panorama fiscale italiano. E’ stata una scelta, questa istituzione, a dir poco ai limite dell’illegalità, e anche se sembra assurdo ciò che affermo, dei diritti umani, alimentando suicidi, instabilità familiari e fallimenti aziendali, utilizzando il sistema di “usura legalizzata ed appropriazione indebita delle proprietà altrui”.
Con la modifica  dell’art. 111 della Costituzione che, ha introdotto il “giusto processo”, applicabile anche al “processo tributario”, deve far si che tutti gli operatori del settore  contribuiscano a modificare l’intera disciplina del processo tributario.
“Ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”
Quindi il principio c’è. Manca solo che si deve adeguare e renderlo applicabile anche il moderno processo tributario, per evitare possibili, future eccezioni di incostituzionalità, che peraltro già ci sono state.
Il “giusto” processo serve a salvaguardare le parti in causa, e pertanto a non penalizzare nessuno, a fare giustizia, specie per le parti più deboli che devono poter far valere il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) che deve sempre conciliarsi con l’esigenza dello Stato di riscuotere le imposte (art. 53 della Costituzione). Le giuste ed eque imposte.
Bisogna tenere conto anche dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 27 luglio 2000).
E’ fuorviante non ammettere che oggi ci troviamo di fronte ad un’instabilità crescente dell’ordinamento tributario che crea incertezze e costi sempre più alti, tasse sempre più inique e inutili che diminuiscono gli investimenti e il potere d’acquisto dei cittadini dando l’immagine dello stato sempre più “vampiro”, e servizi sempre meno efficienti.
Siamo arrivati al punto che è luogo comune pensare che sia giusto “evadere per vivere”.
E poi ci sono i continui cambiamenti in corso delle regole del fisco ed il susseguirsi di norme introdotte da fonti sempre diverse. Il contribuente vive nel terrore dell’esattore alla porta, del messaggio sul cellulare, dei sequestri senza regolare processo civile per debiti, etc.
Per non parlare della tormentata vicenda degli studi di settore, redditometri vari e degli indici di normalità economica.
Comunicazione di nuove leggi fiscali attraverso comunicati stampa o telegiornali, come se fosse obbligatorio per legge che il contribuente deve leggere i giornali o vedere la TV. ASSURDO!!!
Una sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 80/9/07 del 19 giugno 2007  ha stabilito che non ha alcuna valenza giuridica il comunicato stampa con cui l’ufficio tributi di un Comune interpretava il regolamento ICI; effetto retroattivo dei nuovi valori utilizzabili in tema di valutazione di immobili, ai sensi dell’art. 1, comma 307, della Legge 296 del 2006 e successivamente nella controversa tassa IMU, a mio giudizio iniqua almeno per i redditi meno abbienti, sulla prima casa e laddove sussiste un mutuo (sempre prima casa).
E’ assolutamente necessario ed urgente l’applicazione di un codice di diritto tributario che deve garantire un più tranquillo e trasparente rapporto tra Stato e contribuente.
In Parlamento sono stati presentati nel corso degli anni vari progetti di legge di riforma del processo tributario e non ultimo nel 1996 il Governo si impegnava a presentare in tempi rapidi un apposito disegno di legge volto a razionalizzare ed integrare la disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario. e quindi con Decreto 27 febbraio 1997 del Ministro Visco, veniva nominata un’apposita Commissione dai cui lavori derivava il c.d. “Progetto Marongiu”.
Ma a tutt’oggi, nonostante la scellerata esperienza del governo Monti definito dei tecnici, che io invece chiamo dei “tecnocrati” che non ha prodotto nulla, anzi solo danni enormi al contribuente opprimendolo di tasse inique, tutte le iniziative parlamentari sul tema si sono arenate.
A questo punto, ritengo opportuna una urgente, radicale e più moderna riforma del processo tributario e mettere in campo tante proposte per una seria riflessione sul tema, che eventualmente potrebbe concretizzarsi in una proposta di legge ad iniziativa popolare, ai sensi dell’art. 71, secondo comma, della Costituzione .
Oltretutto, la presente riforma sarebbe a costo zero, a differenza di tante fantasiose proposte di legge presentate dai nostri parlamentari, che, se realizzate, porterebbero via dalle casse dello Stato milioni  e milioni di euro.
Quindi bisogna analizzare seriamente e in fretta principali istituti processuali che dovrebbero essere riformati per un giusto processo tributario, in modo da ottenere una effettiva tutela del cittadino – contribuente, senza il ricorso ad inutili ed illegittimi scioperi fiscali.
Arturo Di Mascio