Sanzioni per «le carenze di governo e la gestione e il controllo dei rischi con riflessi sulla situazione patrimoniale e carenza di controlli» sono in dirittura d’arrivo per svariati membri del CdA di Banca Etruria. Secondo gli ispettori, ci sono dubbi per duecento milioni di euro nelle ragioni creditorie di Banca Etruria, tra le varie cose. Pierluigi Boschi, all’epoca vicepresidente dell’istituto di credito aretino, è già stato sanzionato nel 2012 con 144 mila euro in quanto membro del consiglio d’amministrazione.
Maria Elena Boschi è accusata dal Movimento Cinque Stelle di conflitto d’interessi per la vicenda delle quattro banche salvate con il decreto Salva banche. «Hanno avuto rapporti professionali e di dipendenza […] In particolar modo Pier Luigi Boschi è stato consigliere di amministrazione e, fino al febbraio 2015, anche vice presidente del medesimo consiglio di amministrazione». Con queste parole il M5S accusa il ministro Boschi di essere in conflitto per via della posizione che il padre Pier Luigi e il fratello Emanuele hanno avuto in seno a Banca Etruria, una delle quattro salvate per decreto: Carife, Carichieti, Banca Marche, Banca Etruria. Il decreto, che va a toccare le azioni e gli obbligazioni dei titolari, non inficia su soldi pubblici. Tuttavia, ciò ha causato perdite ingenti per obbligazionisti ed azionisti, azzerando di fatto i loro titoli. Questo è accaduto anche per diversi soci. Ricorda infatti il ministro, in aula: «possedevo 1.557 azioni di banca Etruria del valore di 1.500 euro. Dopo il decreto il valore di queste azioni è zero, carta straccia. Mio padre possedeva 7.550 azioni, mia madre circa 2.000, i miei fratelli circa 2.300, e anche queste azioni ora valgono zero. Le nostre azioni di famiglia sono state azzerate come quelle degli altri 60 mila azionisti. Né io né i membri della mia famiglia abbiamo comparto o venduto azioni prima o dopo l’emanazione del primo decreto banche popolari di febbraio».
Paolo Cirino Pomicino, ministro del bilancio nella prima repubblica, ha dichiarato oggi a Tagadà: «il governo ha fatto bene a varare quel decreto» onde sanare i precedenti errori di scelta per salvataggi con due pesi e due misure. Ha anche ricordato che un paese liberista come il Regno Unito non ha perso tempo nello spendere anche soldi pubblici per salvare nodi fondamentali per la finanza nazionale come la Royal Bank of Scotland.
Il ministro Maria Elena Boschi, ex azionista di Banca Etruria che non ha partecipato al varo del decreto in oggetto, si è difesa in aula dalle accuse. Il sospetto di pratiche poco trasparenti ai danni degli investitori ha fatto sì che il governo varasse un cosiddetto “fondo di solidarietà” dalla capacità di almeno 100 milioni per risarcire i risparmiatori eventualmente raggirati.
«Con il nostro governo siamo tutti uguali davanti alla legge, ciò è stato dimostrato dai fatti – ha concluso Boschi – auguro a tutti voi di giudicare i fatti per quello che sono, perché la realtà è più forte di ogni strumentalizzazione». Il premier si è addirittura spinto ad affermare che «bisognerebbe fare un monumento» per il decreto salva banche, affermando che si è così potuto evitare un fallimento miliardario con danni per un milione di risparmiatori. A rimetterci sono stati però i titolari delle quattro banche.
Con 373 contrari e 129 favorevoli alla mozione di sfiducia promossa dal Movimento Cinque Stelle, Maria Elena Boschi ha salvato la sua posizione istituzionale.