Si riaprono finestre su vecchi presagi. Ancora una volta nel mirino c’è l’export di petrolio da parte di compagnie americane. Il Sole 24 Ore ha dedicato un articolo in merito. Firmato Sissi Bellomo.
È iniziato il conto alla rovescia verso il debutto degli Stati Uniti come esportatori di Gas naturale liquefatto (Gnl). La nave metaniera Energy Atlantic dovrebbe attraccare oggi al molo di Sabine Pass Lng, l’impianto di Cheniere Energy al confine tra Louisiana e Texas, che è arrivato per primo al traguardo di vendere all’estero lo shale gas americano. La destinazione non è ancora nota, ma non è escluso che possa essere in Europa. Tra i primi a siglare un contratto di fornitura con Cheniere, di durata ventennale, era stato infatti Bg Group, gruppo britannico ora vicino alla fusione con Royal Dutch Shell.
Proprio nel Vecchio continente – per ironia della sorte in Norvegia, Paese forte produttore di gas – nelle prossime settimane arriverà certamente dagli Usa un carico di etano: feedstock petrolchimico alternativo alla nafta (che invece è ricavata dal petrolio), destinato allo stabilimento Ineos di Rafnes.
Una decina di anni fa nessuno avrebbe immaginato che gli Usa potessero esportare gas. Gli impianti di produzione di Gnl oggi in costruzione erano anzi stati progettati in origine come rigassificatori, nella convinzione che gli americani avrebbero aumentato la dipendenza energetica dall’estero. Con la rivoluzione dello shale è cambiato tutto: dal 2006 la produzione interna di gas ha ricominciato a crescere, raggiungendo livelli record a partire dal 2011.
La corsa ad esportare Gnl ha spinto a presentare richieste di autorizzazione per 54 impianti di liquefazione. Oltre a Sabine Pass, tuttavia, solo altri quattro sono in dirittura di arrivo. Per tutti gli altri il crollo dei prezzi di petrolio e gas ha resto il futuro quanto mai incerto. La stessa Cheniere – che in 19 anni di attività non ha mai fatto profitti – oggi come oggi rischia di esportare in perdita. Ma per fermare tutto ormai è troppo tardi .