La ‘ndrangheta in Liguria è ben organizzata e nel disastro di Genova, ci sono tre potenziali problemi legati all’attività della mafia, non solo calabrese però. Innanzitutto, ci sono dubbi sulla qualità dei materiali utilizzati per la costruzione del ponte. Alla fine degli anni ’60, quando fu costruito il ponte, la ‘ndrangheta (tra gli altri gruppi criminali) era già presente nel territorio e stava già investendo nel settore delle costruzioni, più delle altre organizzazioni mafiose.
Da allora, la costruzione è diventata il core business dei clan calabresi, e non solo, in Liguria – fatto confermato dai magistrati antimafia in una delle più recenti indagini nella regione, chiamata Operazione La Svolta (condotta dal 2014 al 2016).
Non ci sono prove che la Società Italiana per Condotte d’Acqua Spa – un gruppo di costruzione con sede a Roma, che ha costruito il ponte Morandi e coordina la costruzione e la manutenzione di diverse strade e ferrovie in tutta Italia – abbia utilizzato materiali scadenti ma con le indagini future si cercherà di capire se alcuni dei lavori di manutenzione, sull’autostrada e sul ponte, siano stati assegnati a imprenditori e subappaltatori poco raccomandabili legati alla ndrangheta.
Operazioni antimafia hanno destato ulteriori preoccupazioni. I disastri su vasta scala possono anche presentare l’opportunità per trarre profitto da crisi e stati di emergenza: questo è il tristemente noto “business dell’emergenza”. Negli ultimi decenni, ad esempio, i gruppi mafiosi sono stati spesso coinvolti nella ricostruzione. Quando il governo dichiara lo stato di emergenza, di solito stanzia fondi extra per sostenere le persone e i luoghi colpiti. Al fine di accelerare gli sforzi di soccorso i meccanismi di controllo possono essere carenti, il che apre la porta ai gruppi criminali. La mafia si è anche infiltrata in sistemi di soccorso e di sostegno come i centri di migrazione. Premesso che la regione Liguria e la stessa città di Genova, hanno già sperimentato l’interferenza delle imprese gestite dalla mafia nella costruzione delle opere pubbliche, c’è un alto rischio di coinvolgimento della criminalità organizzata nei contratti di soccorso e ricostruzione dopo il crollo del ponte. Come spesso accade in Italia, accusare la mafia per il fallimento del sistema pone domande molto difficili non solo legate alla criminalità, ma anche alla responsabilità, alla trasparenza, etica e corruzione in politica. Certo, è facile insinuare che la mafia contribuisca ai rischi delle infrastrutture italiane. Queste affermazioni sono difficili da dimostrare e possono essere sfruttate per la speculazione sensazionalistica e la propaganda politica. Tuttavia, l’influenza della mafia deve essere presa in seria considerazione quando si cerca di dare un senso ai disastri italiani.
Arturo Di Mascio