Lo Stato italiano deve una risposta di verità a Rosalba»: lo ha detto Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato della vedova di Salvatore Failla, uno dei due ostaggi uccisi in Libia, intervenendo ad Agorà su Rai Tre. E di certo non solo a Rosalba. E, ancora, non c’era bisogno che si pronunciasse un legale. Ricordo ancora quando ho scritto di ragazzi che potrebbero essere i miei figli. Ragazzi morti.
E questi potrebbero essere miei fratelli. Sono miei fratelli. «A nessun essere umano auguro sette mesi di umiliazioni, vessazioni, ritorsioni come quelle che abbiamo dovuto subire. Nessuno dovrebbe patire mai qualcosa del genere. Tutto a opera non di bande armate, ma di criminali, ripeto, di criminali […] Penso al dolore delle loro famiglie. Così come penso alla gioia dei cari di Filippo Calcagno, che ringrazio per aver fatto il possibile per salvarci».
Non si sa se ci sono stati dei passaggi o se c’è stato un effettivamente un intervento dell’Isis. Non si sa in quale modo e da chi sono partiti i colpi che hanno ucciso Salvatore Failla. Non si sa neanche se si riuscirà a evitare l’autopsia, che la signora Failla avverte come un oltraggio.
Ebbene, se questa è democrazia, la stessa democrazia che non fa mangiare i bambini di genitori che evadono le tasse, allora il potere del “demos” andrebbe giustamente rispettato. Innanzitutto, il demos italiano vuole che i corpi non rimangano presso Sabrata, come è tutt’ora. Vogliamo avere piena sovranità su un caso che è successo a nostri uomini. Tecnici italiani. Tecnici la cui memoria deve essere rispettata.
Criminali comuni, non legati a Is. Secondo quanto emerge dalle parole dei due tecnici, il gruppo che li ha tenuti prigionieri sarebbe composto da islamisti non direttamente riconducibile all’Is.
Deposto un qual certo despota di cui non facciamo il nome, eccoci piombati nel caos del vicino. Caos di cui non conosciamo i risvolti.