Stamane ho letto un passaggio interessante sulla questione della stepchild adoption sulle pagine virtuali de Il Sole 24 Ore. Un articolo che in realtà riassume tutto ciò che i telegiornali e i media in generale stanno raccontando. Siamo alla frutta. Divisi su un tema, tanto importante quale quello della difesa della famiglia, non tanto per la questione morale e non ancora per la difesa del proprio elettorato ma – udite udite ! – per tenersi vicine le frange del proprio partito. Qual è la novità? La novità giace nel fatto che se prima ogni capogruppo o leader di sorta era concitato nel tenere strette frange di gruppi di interesse o di lobby per questioni economiche – il che è ancora comprensibile -, ora invece ci si preoccupa solo di tenerli insieme per questioni di dispetto, di principio personale che non ha nulla a che vedere con il singolo onore di quelli che normalmente chiameremmo “onorevoli”. Sì, esistono laici e cattolici addentro al PD come in qualsiasi partito, ma ciò che trasmettono quasi tutti i membri di questa grande accozzaglia è la paura. La paura, sì. Quella di perdere i parlamentari più esterni ai quali, magari, si è già fatto qualche sgarro.
Ricordo di mio nonno e del presidente Leone. Di momenti in cui ci si raccoglieva per discutere sui grandi temi ascoltando impiegati comunali distanti. Politicamente parlando. Ora sento e leggo di allori di vittoria da depositare sul capo del premier in caso di vittoria. Ma in caso di sconfitta? Come diceva Shakespeare: much do for nothing. E intanto gli USA tornano a volare, economicamente. Con il dollaro che è sempre più vicino al pareggio con la nostra moneta e il sindaco di Londra sempre più vicino a far venire tutti gli Inglesi fuori dalla UE. Grandi temi, questi. Non quelli sui quali si dovrebbe votare in cinque minuti e ad occhi chiusi, senza rimandare gli esiti al giorno successivo aggiungendo postille infime – “quisquilie e pinzillacchere” come avrebbe chiamate il principe della risata – per perdere in toto giornate di lavoro.