I giovani italiani, sembrano essere senza speranza: sei su dieci pronti a lasciare il Paese. È quanto è venuto fuori dal recente Rapporto Giovani sul tema “mobilità per studio e lavoro” promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa San Paolo “.
I giovani italiani, tra i 18 e i 32 anni, hanno perso la speranza e il 90 per cento di loro è convinto che per trovare un vero lavoro l’unica cosa da fare sia partire e lasciare l’Italia.
Possiamo dedurre da ciò una situazione drammatica, perché vediamo che i giovani hanno constatato che oggi il nostro Paese offre alle nuove generazioni opportunità molto più scarse rispetto a tanti Paesi sviluppati.
Un ragazzo grande e grosso, alto almeno uno e novanta, intervistato da Rai News 24, dice: “La mia è una generazione senza speranze. Non potrò mai comprarmi una casa, avere una famiglia, avrò solo lavori precari e malpagati!”
E qua si nota, una forma di depressione che colpisce i giovani perché è la prova di malgoverni che tendono a deprimere i giovani, probabilmente anche con un perverso disegno di “deprimi e dòmini”.
Con una scuola che sperpera l’autostima e la fantasia, non si fa altro che avvilire le speranze, insieme a una serie di censure della storia umana e delle scoperte scientifiche e una serie di storie completamente inventate.
Attività culturali perverse, queste, che aiutano a distruggere il senso di responsabilità. Bisogna coltivare la speranza se si vuole migliorare la situazione, per costruirsi un futuro migliore.
Dobbiamo tutti lavorare per migliorare il mondo arrivando alla grande rivoluzione culturale e socio-economica. Aiutare i giovani a costruirsi il futuro con fiducia.
Anche con la strategia dei piccoli passi si può dare la spinta al cambiamento.
Può essere un sistema rivoluzionario che ha già visto che sono state compiute imprese “impossibili” e si può avere successo innescando una serie di eventi positivi concatenati che porteranno nel breve, medio termine a risultati importanti.
Questo concetto pragmatico è quello di mirare al piccolo risultato vicino invece che a quello lontano e grandissimo. Bisogna che tutti, e dico tutti, devono avere il “desiderio di realizzarsi ed essere generativi.
La politica, deve correggere il ‘difetto di fabbricazione’ del nostro sistema socioeconomico” costruito per puntare essenzialmente al massimo profitto delle imprese e al benessere dei consumatori ma che trascura completamente il terzo, “fondamentale per la realizzazione della vita della persona”, che è “proprio la dignità del lavoro”.
Quindi spingere tutti a credere e a impegnarsi a cercare e a costruirsi opportunità per un lavoro dignitoso e a realizzarsi come persona, e qui “lo Stato ci deve essere”, non può latitare o fare false promesse, o peggio ancora parlare di reddito di cittadinanza. Bisogna creare opportunità di lavoro e non dare soldi per non fare nulla. Si creerebbe solo una generazione di nullafacenti dominabili che si adagerebbe sull’elemosina di stato e non si impegnerebbe a darsi da fare per realizzare il suo essere persona che pensa, vive e lavora.
Per finire non bisogna trascurare i “sistemi formativi flessibili” in stretta connessione con un mondo del lavoro in continua trasformazione.
Per finire ribadisco il mio pensiero di sempre: ai giovani manca la speranza in questo Paese. Quello che posso fare è cercare di aiutarli a costruirsela.
E’ ciò che tutti coloro che possono, dovrebbero fare per un Italia, un mondo migliore.
Arturo Di Mascio