Focus sulla pubblicazione del dato relativo al Pil Usa relativo al terzo trimestre del 2015. L’indicatore è stato rivisto al ribasso dal +2,1% inizialmente reso noto al +2%, comunque meglio delle attese (+1,9%). Le spese per consumi rimangono solide, ma rallentano gli investimenti delle aziende della Corporate Usa, costrette a fare i conti con l’apprezzamento del dollaro e dunque con l’indebolimento delle esportazioni. La buona notizia è che la Federal Reserve dovrà astenersi dal rialzare i tassi di interesse Usa a un ritmo troppo rapido, visto che gli Usa continuano a crescere al ritmo più lento dai tempi della Grande Depressione. Wall Street positiva, ma rimane debole.
Segnale preoccupante dal mercato delle opzioni. Per la prima volta in assoluto, i trader dello S&P 100 detengono più di 3 contratti di opzioni put per ogni call posseduta. Ed è ancora una volta il mercato immobiliare degli Stati Uniti a far preoccupare, con le vendite di case esistenti che hanno sofferto un crollo -10,5%, che decreta il peggior novembre di sempre per il settore. Fantasmi non antichi.
L’Europa guarda anche al caos Spagna, dopo le elezioni storiche del weekend che rendono difficile al momento la formazione in tempi brevi di un governo di coalizione. La Banca di Spagna rimane tuttavia ottimista sull’economia iberica e stima un aumento del Pil, nel quarto trimestre, a un tasso dello 0,8%, rivedendo al rialzo l’outlook per l’intero 2015 dal +3,1% al +3,2%. Per il 2016 prevista una crescita del 2,8%, superiore al +2,7% delle previsioni precedenti.
Sul valutario, l’euro si rafforza oltre quota $1,09, attorno a $1,0970, mentre il dollaro cede sullo yen sotto la soglia di JPY 121.
Focus sull’alert che arriva dal FMI: oro in calo sotto $1.080.
Le quotazioni del petrolio rimangono osservate speciali, dopo il crollo del Brent ai minimi degli ultimi 11 anni. Ma c’è qualcuno che ritiene che i prezzi siano ormai vicini a toccare il fondo. Così Kathy Lien, managing director per la divisione di strategia sul mercato dei cambi presso BK Asset Management.
“La prospettiva di un dollaro forte, di una crescita globale che rimarrà debole e di prezzi delle commodities in calo nella prima metà dell’anno (2016) implica che gli utili aziendali e l’azionario potrebbero soffrire. Prevediamo una correzione dell’azionario all’inizio del 2016. Ricapitolando: “la forza del dollaro, la debolezza della domanda a livello globale e l’elevato livello delle scorte hanno provocato il collasso dei prezzi petroliferi quest’anno. Tuttavia, sebbene i prezzi potrebbero scendere ancora nel breve termine, sulla scia della decisione Usa di porre fine al divieto – durato 40 anni – sulle esportazioni di petrolio e anche a causa dell’eliminazione delle sanzioni contro l’Iran, il fondo sarà toccato quando il dollaro testerà il suo massimo”. Dunque “i prezzi del petrolio potranno scendere anche sotto $30 al barile, ma non intravediamo ulteriori ribassi ed entro la fine dell’anno riteniamo che le quotazioni potrebbero riavvicinarsi a $40 al barile”.
Mercati asiatici prevalentemente positivi. Stona la performance della borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei in calo -0,16%.