Leggo sulle pagine de l’Espresso una spiegazione molto lineare riguardo l’annoso problema delle estrazioni di petrolio nei nostri siti paesaggistici. Vorrei riportarne il testo di Stefano Vergine: “Gli elettori dovranno votare su una questione piuttosto tecnica. Dovranno decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè più o meno a 20 chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il referendum dovesse passare – raggiungere il quorum con la vittoria del sì – le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge“.
Come notiamo in figura, la più grande concentrazione di siti di estrazione è localizzata al largo del litorale adriatico, su cui normalmente si riversano i villeggianti delle aree settentrionali e orientali del paese. E non solo. Buona parte di questi giacimenti si concentra in aree particolarmente soggette a fenomeni di immigrazione come il sud della Sicilia, Calabria e il mare al largo di Brindisi. Non mi è difficile pensare quanto attività svolte su piattaforme di escavazione vicine alla costa possano intralciare il lavoro che la protezione civile e enti affiliati stanno svolgendo in quelle aree. Attività che da un lato possono valerci riconoscimenti come il Premio Nobel – per il quale è in lizza Lampedusa – e dall’altro ci servono ad evitare tragedie come quelle avvenute a Bruxelles.
Di fronte a commenti come quello pubblicato sull’Huffington Post da Isabella Pratesi, ho le idee molto confuse.
Ad esempio: “Un’altra cosa che nessuno ti racconta è che per la ricerca del petrolio viene utilizzata la tecnica dell’airgun (esplosioni sottomarine di aria compressa), molto pericolosa per la fauna marina: le onde sonore possono modificare i comportamenti e indebolire il sistema immunitario di molti animali. È probabile che gli airgun siano responsabili dello spiaggiamento anomalo di capodogli, balene e delfini. ”
In ogni caso, ci saranno imprese che non ne trarranno giovamento.
Nel primo caso, la media e piccola distribuzione di idrocarburi e surrogati (GPL, Diesel) non avrà modo di rifornirsi e trovare clienti con gli stessi vantaggi precedenti al referendum, lasciando spazio ancora una volta sempre ai grandi gruppi di rifornimento che detteranno i prezzi, assieme alle accise statali.
D’altro canto, è sempre la piccola e media impresa a vivere sui piccoli vantaggi che una scelta del genere potrebbe apportare: parlo delle mete turistiche e delle agenzie e imprese di servizi connessi.
Questo non mi fermerà dall’andare a votare il 17 aprile e dire la mia in merito. Abbiamo bisogno di un paese guidato da una classe dirigente molto più coscienziosa, più coraggiosa, meno corrotta.